Toth Banca Dati - Cinema
Storia del cinema
Il 1 marzo del 1895, i fratelli Lumière (Auguste e Louis) presentarono Arroseur arrosè durante la loro prima proiezione; brevi scene di un ragazzo che si prendeva gioco di un giardiniere, calpestando la canna con cui stava annaffiando. Semplici scherzi di questo tipo rappresentavano il cinema delle origini. La maggior parte dei film delle origini era composta da una solo inquadratura , la macchina da presa era sempre tenuta nella stessa posizione e l’azione si svolgeva nel tempo di un‘unica ripresa. In molti casi, i registi facevano di un singolo soggetto diverse riprese, questi venivano poi tratti come una serie di film separati. I gestori delle sale potevano poi scegliere se comprare l‘intera serie o proiettarne uno solo. Nel 1899, i produttori cominciarono a realizzare film con diverse inquadrature. A partire dal 1894, il catalogo dei Fratelli Lumière comprese centinaia di immagini di Spagna, Egitto, Italia, Giappone. A Eugène Promio, ad esempio, si attribuisce l‘invenzione del movimento di macchina, le cineprese erano sorrette da treppiedi fissi che non permettevano alla macchina di ruotare o effettuare panoramiche.
Nel 1896, Promio introdusse il movimento in un ripresa di Venezia, mettendo il treppiede su una gondola, perfezionò questa tecnica, posizionando la macchina su navi e treni. I Fratelli Lumierè, trasformarono il cinema, un fenomeno internazionale. Il 4 maggio del 1897, la loro ditta dovette registrare una battuta d‘arresto; durante una proiezione al Bar de la Charitè di Parigi, una tenda prese fuoco a causa dell‘etere usato per alimentare la lampada del proiettore. L‘incendio che ne scaturì, fu una delle peggiori tragedie della storia del cinema, 125 persone persero la vita. I fratelli Lumière, continuarono a produrre film, ma nel tempo vennero esclusi dal mercato da rivali più innovativi. Nel 1905, cessò la loro produzione, ed in Francia fecero comparsa altre case di produzione; fra queste anche una piccola società avviata da George Mèliès, il Mago del Cinema, sebbene venga ricordato principalmente per i suoi film fantastici, per i suoi fondali dipinti, Mèlliès, realizza film di tutti i generi in voga in quei tempi. Illusionista, era anche il proprietario del Thèatre Robert-Houdin, dal nome del più famoso prestigiatore francese. I suoi primi film includevano molte vedute e brevi scene girate all‘aperto sullo stile dei Fratelli Lumière. Nel primo anno della sua attività, Mèliès realizza settantotto film,incluso il primo in cui fece uso di trucchi: ― Escamotage d’une dame chez Robert Houdin ovvero la sparizione di una signora al Robert Houdin, in cui Mèlies interpreta un mago che trasforma una donna in scheletro.
Il trucco consisteva nel fermare la ripresa e sostituire la donna con uno scheletro. In seguito fece uso del fermo macchina ed altri effetti speciali per creare scene fantastiche e di magia più complesse. Tutti i suoi trucchi erano realizzati in fase di ripresa, poiché, erano pochissime prima della metà degli anni venti, le manipolazioni che potevano essere fatte in laboratorio. Nel 1897 costruisce un piccolo teatro di posa con pareti di vetro che permise di disegnare e creare scenografie su fondali di tela. In questo studio tra il 1898 e il 1899 realizza diversi tipi di film, come per esempio Visita sottomarina al Maine e L’affaire Dreyfus storia di un ufficiale ebreo condannato per tradimento nel 1894 sulla base di false prove prodotte per ragioni antisemite. Questo film suscitò molte polemiche, ma resta senza dubbio una delle opere più complesse del cinema delle origini, soprattutto per le dieci inquadrature realizzate come fossero dieci film diversi. Nell‘opera successiva, Cenerentola, 1899, Mèliès, comincia ad unire inquadrature diverse e a venderle con unico film. I suoi film in particolar modo quelli di genere fantastico, diventarono molto famosi in Francia e all‘estero. Tra le sue opere più famose, ricordiamo Le voyage dans la lune, 1902 film comico di fantascienza su un gruppo di scienziati a bordo di una navetta spaziale in orbita per la Luna, che scappano dopo essere stati fatti prigionieri da strane creature. Molti dei suoi film presentavano complicati effetti di fermo macchina: da una nuvola di fumo apparivano improvvisamente demoni, uomini che saltavano si trasformavano in demoni durante il volo. Mèliès fu anche maestro di un certo tipo di montaggio, come dimostrano recenti studi; i suoi effetti di fermo macchina furono realizzati anche dopo le riprese: tagliando la pellicola aveva la possibilità di unire il movimento dell‘oggetto con la cosa con cui si stava trasformando, tagli di cui lo spettatore non si accorgeva nemmeno. I suoi film continuarono ad avere successo, fino a quando non riuscendo più a sopperire alla crescente domanda cominciò a risentire della concorrenza da parte delle società più grandi. Il suo ultimo capolavoro, Alla conquista del Polo, (1912), fu clamoroso insuccesso. Nello stesso anno, sommerso di debiti, fu costretto a smettere dopo aver girato cinquecento film. Morì nel 1938. Nel 1896, Charles Pathè, fondò la Pathè Frères, e si concentrò principalmente sulla produzione di film. Nel 1902 costruì un teatro di posa con le pareti di vetro e cominciò a vendere la sua cinepresa che divenne la più diffusa nel mondo fino alla fine del novecento. Nel 1904, Pathè allargò la sua attività anche all‘estero aprendo uffici di vendita a Londra, New York, Mosca, Berlino e San Pietroburgo.
In pochi anni la Pathè Freres divenne la più grande società cinematografica nel mondo. La sua rivale in Francia era una ditta più piccola fondata dall‘inventore Lèon Gaumont che, come Lumière, inizialmente si occupava di materiale fotografico. La società inizia a produrre film nel 1897. Questi consistevano principalmente in attualità riprese da Alice Guy Blanchè, la prima donna regista. L‘impegno di Gaumont di film in questo periodo rimase limitato, dato che il suo principale interesse riguardava le innovazioni tecniche nel materiale fotografico. A partire dal 1897, gli spettacoli di cortometraggi a basso prezzo si diffusero anche nelle fiere dove richiamavano il pubblico della classe operaia. All‘inizio la maggio parte dei film inglesi si basava su soggetti molto semplici o ricavati dall‘attualità. I primi film inglesi divennero famosi per i loro spettacoli effetti speciali. Cecil Hepworth, per esempio, produsse film a partire dal 1899, concentrandosi sui temi di attualità, ma presto cominciò anche a girare film pieni di trucchi ed effetti, e finì per diventare il produttore più importante nel periodo tra il 1905 e il 1914. I capiscuola erano George Albert Smith e James Williamson, tutti e due fotografi, che passarono al cinema nel 1897. Entrambi costruirono piccoli studi aperti da un lato per far entrare la luce e sperimentarono diversi modi di usare gli effetti speciali e il montaggio che influenzarono in seguito i registi di altri paesi. Durante il 1896 e il 1897, molte piccole società misero in commercio i loro proiettori, tutti progettati per la pellicola 35 mm. Negli anni tra il 1895 e il 1897 il cinema rappresentò una grossa novità. All‘inizio del 1898 la novità si era consumata, l‘affluenza nei cinema diminuì e molti gestori di sale si ritirarono dal mercato. L‘Italia arriva un po‘ più tardi sulla scena della produzione cinematografica, che a partire dal 1905 si sviluppò rapidamente. Nel giro di pochi anni l‘industria cinematografica italiana cominciò ad assomigliare a quella francese. Alcune film italiani erano imitazioni se non addirittura remake di film francesi. Nel 1910, L’Italia era probabilmente seconda solo alla Francia per numero di film esportati all‘Estero. I produttori italiani furono tra i primi a realizzare film di più di un rullo, quindi film più lunghi di quindici minuti. Nel 1910 Giovanni Pastrone, uno dei maggiori registi dell‘epoca, realizza La caduta di Troia, in tre rulli.
A partire dal 1909 i produttori italiani ricominciarono però ad imitare i francesi realizzando parecchie serie comiche.
La Danimarca svolse un ruolo importante nell‘ambito del cinema internazionale grazie all‘Imprenditore Ole Olsen, nel 1906 fonda una casa di produzione, la Nordisk, iniziando presto ad aprire uffici di distribuzione all‘estero, raggiungendo il successo nel 1907 con Caccia al leone, un film sul safari. I film della Nordisk in breve tempo divennero famosi in tutto il mondo per l‘eccellente recitazione e i pregi produttivi.
Si specializzò nel poliziesco, nel dramma e in melodrammi in qualche modo sensazionalistici, comprese storie di prostituzione. La Nordisk aveva un set che riproduceva un circo e che rimaneva permanentemente istallato: alcuni fra i principali film della compagnia erano infatti i melodrammi sulla vita del circo, come I quattro diavoli, 1911). L‘industria cinematografia danese fu fiorente fino allo scoppio della prima guerra mondiale che chiuse molti dei suoi mercati di esportazione.
Nickelodeon
Nel 1905 i film venivano proiettati perlopiù in sale di varietà, teatri e in altri luoghi d'incontro. La principale tendenza dell'industria cinematografica americana negli anni 1905-1907 fu il grande sviluppo del numero delle sale. Erano in genere piccoli magazzini che contenevano meno di duecento posti a sedere; l'entrata costava generalmente un nickel (da qui il termine Nickelodeon o un dime (dieci centesimi) se il programma durava dai quindici ai sessanta minuti.
La maggior parte dei Nickelodeon aveva un solo proiettore. I Nickelodeon potevano programmare i loro film in continuazione, dalla tarda mattinata a mezzanotte. Più economici dei teatri di varietà, offrivano prezzi più regolari degli spettacoli ambulanti. Le spese erano generalmente più basse, gli spettatori si sedevano su panchine o su sedie di legno. Raramente annunci sui giornali informavano in anticipo sui programmi degli spettacoli, così gli spettatori vi si recavano regolarmente o vi capitavano per caso. Fuori dal cinema venivano esposti i titoli dei film e a volte il compito di attirare l'attenzione dei passanti era affidata a un fonografo. Quasi sempre c'era un accompagnamento sonoro: capitava che fosse lo stesso gestore della sala a spiegare quanto succedeva sullo schermo, ma era più frequente l'accompagnamento da parte di un pianoforte o di un fonografo. Il prezzo del biglietto era di venticinque centesimi o più, un prezzo troppo alto per i salari degli operai. I Nicklodeon permisero a un pubblico di massa, formato sostanzialmente da immigranti, di assistere agli spettacoli. Tutti i Nickelodeon erano ubicati nel quartiere degli affari o nelle zone industriali della città.
Gli operai avevano così la possibilità di andare al cinema vicino casa, mentre le segretarie e i fattorini potevano vedere uno spettacolo durante l'ora di pausa per il pranzo o dopo il lavoro.
Nel 1908 Nickelodeon erano diventati la principale modalità di proiezione, e la maggior parte dei film veniva dall'estero. Pathé, Gaumont, Hepworth, Cines, Nordisk e altre società europee dominavano il programma di distribuzione settimanale.
Nascita del Lungometraggio
La tendenza verso programmazioni più lunghe e i film di maggior prestigio artistico richiese di accrescere la lunghezza delle pellicole. Nel 1909 alcuni produttori americani cominciarono a realizzare film di più di un rullo, ma siccome il rigido sistema della MPPC Motion Picture Patents Company con a capo la Edison e la AM&B creata nel dicembre del 1908, che controllava tutte le altre società, permetteva di distribuire un solo rullo alla settimana, gli esercenti potevano proiettare soltanto una parte di film alla volta. Tra la fine del 1909 e l'inizio del 1910, per esempio, la Vitagraph dovette vendere La vita di Mosè in cinque rulli separati. Una volta in possesso di tutti e cinque i rulli, alcuni gestori decisero di proiettarli l'uno dopo l'altro, mentre i film più lunghi continuarono a essere proiettati in diverse parti durante la settimana. In Europa, dove il sistema di distribuzione era più flessibile, i film composti da più rulli erano frequenti e quando furono importati negli Stati Uniti, vennero proiettati nelle sale nella loro interezza, con il prezzo del biglietto maggiorato. Come si è visto, La caduta di Troia, girato in tre rulli, ebbe un enorme successo nel 1911.
Nel 1912 Adolph Zukor importò trionfalmente La regina Elisabetta e La signora delle camelie. Il successo delle importazioni obbligò le case di produzione americane a realizzare film lunghi da distribuire in un'unica soluzione. Nel 1911, la Vitagraph fece uscire La fiera delle vanità , composto da tre rulli, come un unico film. Intorno alla metà degli anni Dieci, il lungometraggio divenne la misura standard della programmazione delle sale più prestigiose provocando il declino dei cortometraggi, preferiti dai gestori di Nickelodeon.
Montaggio e Continuità Narrativa
Quando il montaggio unisce una serie di sequenze, la chiarezza narrativa dipende dal fatto che lo spettatore capisca il rapporto spaziale e temporale fra una sequenza e l'altra. Nel 1908, Alfred Capus, sceneggiatore della società francese Film Art, affermò che per mantenere viva l'attenzione del pubblico, era necessario mantenere una connessione fra un'inquadratura e quella precedente. In questo periodo, i registi, svilupparono delle tecniche che, a partire dal 1917, avrebbero formato il principio di continuità narrativa del montaggio. Questo sistema comprendeva tre modi fondamentali per unire le sequenze: il montaggio alternato, il montaggio analitico, e il montaggio contiguo. Il Montaggio Alternato prima del 1906, nei film narrativi non ci si spostava avanti e indietro fra azioni che avvenivano in luoghi diversi; al contrario, nella maggior parte dei casi, un'azione continua formava l'intera storia.
Il genere popolare dell'inseguimento ne fornisce il migliore esempio. Se le azioni erano diverse, il film si concentrava su ognuna di esse nella sua interezza e quindi passava alla successiva. Uno dei primi importanti casi in cui l'azione si sposta davanti e dietro fra luoghi diversi, con almeno due sequenze in ogni luogo, Una probabilità su cento o una corsa verso la fortuna. Nel cinema delle origini il montaggio alternato veniva utilizzato anche per altri tipi di azione oltre ai salvataggi. David Wark Griffith è il regista più spesso associato con la tecnica del montaggio alternato. Uno dei film in cui fece un uso esteso e pieno di suspense di questa tecnica fu La villa isolata, 1909. Nel 1912 questa tecnica era ormai comunemente usata nei film americani.
Il Montaggio Analitico si riferisce a quel tipo di montaggio che suddivide uno spazio unico in inquadrature diverse. Un modo semplice per farlo era quello di inserire inquadrature ravvicinate di ciò che stava accadendo; in questo modo un campo lungo mostrava l'intero spazio e uno più stretto dava maggior rilievo agli oggetti o alle espressioni del viso. Il Montaggio Contiguo in alcune scene, i personaggi uscivano dallo spazio inquadrato per poi riapparire nell'inquadratura successiva. Questi movimenti erano tipici del genere dell'inseguimento: generalmente i personaggi correvano attraverso lo spazio inquadrato e ne uscivano; nell'inquadratura successiva, si vedeva un locale adiacente dove riprendeva il movimento della loro corsa. Non tutti i film di questo periodo mostrano i personaggi muoversi in modo coerente attraverso spazi contigui. Verso gli anni dieci, tuttavia, molti registi compresero che se si mantiene costante la direzione del movimento si aiuta il pubblico a seguire la traccia dei rapporti tra spazi differenti. Nel giro di pochi anni, i registi impararono a far muovere i personaggi nella stessa direzione. Verso la metà degli anni Dieci, la coerenza del movimento dei personaggi sullo schermo divenne una regola implicita del montaggio hollywoodiano.
Il colore
Sebbene la maggior parte delle copie di film muti che oggi vediamo sia in bianco e nero, molte volte venivano colorate secondo la moda in vigore al momento della loro uscita. Il colore accentuava l'aspetto realistico del film. Dopo che la Pathé aveva introdotto il suo sistema di colorazione a pennello o a tampone, altre compagnie usarono tecniche simili. Il colore poteva anche fornire informazioni utili alla narrazione e quindi rendere la storia più comprensibile per lo spettatore. In questo periodo divennero frequenti due tecniche per colorare le copie da distribuire. La imbibizione consisteva nell'immergere una pellicola già sviluppata nella tinta che colorava le parti più chiare delle immagini, mentre quelle più scure rimanevano nere.
Nel viraggio, la pellicola già sviluppata veniva immersa in una soluzione chimica che saturava le zone scure del fotogramma, mentre quelle più chiare rimanevano più o meno bianche. Jephtah's Daughter La figlia di Iefte della Vitagraph, usa la tintura per la scena del miracolo vicino al fuoco. Il colore rossastro suggerisce la luce delle fiamme. Il blu era usato frequentemente per le scene che avvenivano di notte, il verde per le scene ambientate nella natura e così via. Per normali scene alla luce del giorno si utilizzava il color seppia o il porpora.
Le Origini del Cinema d'animazione
Sin dagli inizi della storia del cinema furono realizzati film che facevano uso di un certo tipo di animazione.
Emile Reynaud, proiettando i suoi disegni attraverso il prassinoscopio, fu un importante precursore del cinema di animazione. In parecchi film delle origini lavorarono abili disegnatori che venivano dal teatro di varietà come James Stuart Blackton che sarà tra i fondatori della Vitagraph. L'animazione venne usata dall'industria cinematografica a partire dal 1906 quando Blackton realizzò Trasformazioni umoristiche di facce buffe per la Vitagraph. Il film consisteva principalmente in disegni di volti che si trasformavano fotogramma dopo fotogramma. I disegni apparivano gradualmente ma non davano l'impressione del movimento fino alla fine, quando nelle facce ruotavano gli occhi. Quello stesso anno la Pathé produsse Il teatro del piccolo Bob, nel quale gli oggetti venivano mossi pazientemente tra le diverse esposizioni di ogni singolo fotogramma al fine di animare il contenuto della scatola dei giochi di un ragazzino. Tale procedimento era chiamato "a fotogramma singolo" (frame-by-frame). Al primo genere di animazione appartiene, L'hotel infestato dagli spettri, (1907) di Blackton. Emile Cohl, che lavorò soprattutto per la Gaumont dal 1908 al 1910, fu la prima persona a impegnarsi a tempo pieno nell'animazione.
Il suo primo cartone animato fu Fantasmagorie, dove Cohl posiziona ogni disegno su un piatto di vetro illuminato da sotto, tracciò poi l'immagine sul successivo foglio di carta facendo dei minimi cambiamenti nelle figure. Come Mèliès, si ritira dal cinema negli anni Dieci, vivendo in povertà fino alla sua morte, avvenuta nel 1938. Negli Stati Uniti anche il famoso disegnatore di fumetti e artista di varietà Windsor McCay comincia a disegnare per i film di animazione, inizialmente per proiettarli durante i suoi spettacoli. Il suo primo film fu Il piccolo Nemo, che finì di girare nel 1911, il film contiene un prologo con i disegnatori che mostrano come vengono realizzati i numerosissimi disegni necessari per l'animazione. Nel 1912, McCay fece un secondo film d'animazione, Storia di una zanzara e nel 1914 un terzo, Gertie il Dinosauro, entrambi hanno come sfondo set abbozzati. Nel 1910 inizia la carriera animatore di pupazzi di tutti i tempi, Ladislav Starevicz. Nato in Polonia, si trasferisce in Russia dove realizza alcuni brevi film di animazione in cui recitano degli insetti. Starevicz manovrava i pupazzi con giunti di metallo, cambiandone la posizione ad ogni fotogramma. Il suo film più famoso è La vendetta di un cineoperatore. Starevicz realizza molti altri film di animazione o con personaggi reali in Russia; allo scoppiare della rivoluzione bolscevica nel 1917, fugge a Parigi dove continua a lavorare per decenni. Dopo il 1912 l'animazione comparve con maggiore regolarità al cinema.
Cinematografie Nazionali
Il periodo iniziale della prima guerra mondiale rappresenta un punto di svolta nella storia del cinema.
Nel 1913 in Europa si realizza uno straordinario numero di lungometraggi. Sempre nel 1913 il serial emerse come una delle forme narrative dominanti, nuove tecniche meno dispendiose vennero introdotte nei procedimenti di animazione. Alla metà degli anni Dieci, la realizzazione dei lungometraggi si livellò su standard internazionali. In alcune nazioni, la creazione e il consolidamento dei primi grandi studi di produzione, o l'opera di singoli registi portò alla nascita di quelle cinematografie che avrebbero poi dominato la storia del cinema per decenni. Emblematico in questo senso è il caso dell'industria hollywoodiana che, a differenza delle fiorenti industrie francesi e italiane indebolitesi con l'inizio della guerra, andava assumendo la sua forma definitiva proprio in quegli anni. La guerra ebbe profondi effetti sul cinema di tutto il mondo, alcuni dei quali è forse possibile avvertire ancora oggi. L'impegno bellico influì particolarmente sulla Francia e sull’Italia, permettendo alle società americane di riempire il vuoto creatosi. Dal 1916 così, gli Stati Uniti divennero i principali fornitori di pellicole del mercato mondiale, posizione che hanno mantenuto fino a oggi, segnando per sempre la storia del cinema. Dopo la guerra, nonostante la molteplicità delle situazioni, l'obbiettivo comune fu competere con Hollywood. In alcuni paesi, come la Gran Bretagna, ci fu un tentativo d'imitazione dei film americani, in altri, pur perseguendo in parte strategie simili, si incoraggiò anche una sperimentazione autonoma, nella speranza di poterla opporre alla produzione hollywoodiana. Negli anni antecedenti la prima guerra mondiale il cinema era un'industria nazionale Novità tecniche e stilistiche raggiunte in un Paese erano rapidamente viste e assimilate altrove. Con la guerra questo flusso fu interrotto. Crebbe così in alcune nazioni come la Svezia, la Russia e la Germania la produzione locale; invece la Francia, la Danimarca e l'Italia accusarono un netto declino ma cercarono ugualmente di portare avanti la loro produzione cinematografica. Il cinema italiano prosperò nella prima metà degli anni Dieci. Il 1914 fu l'anno di uno dei film più acclamati di quel periodo: Cabiria di Giovanni Pastrone, film ambientato a Cartagine del III secolo a.C., si sviluppa tra rapimenti e sacrifici umani, mentre l'eroe Fulvio e il suo schiavo forzuto Maciste cercano di salvare la protagonista. Tra le scene di un palazzo distrutto da una eruzione vulcanica e templi dove i bambini vengono sacrificati nella statua infuocata di un Moloch pagano, Cabiria si segnala anche per un uso innovativo delle riprese realizzate con il carrello, alternate alle scene statiche. Infatti l'abilità dimostrata nel film fu decisamente più influente, tanto che il movimento Carrello alla Cabiria divenne un elemento ricorrente nei film della metà degli anni Dieci. Dopo la guerra l'Italia cerca di riguadagnare un posto nel mercato mondiale.
Russia
Prima della guerra, la produzione era largamente dominata dalla Pathé, che aveva aperto uno studio in Russia nel 1908 e della Gaumont. Anche in Russia la credibilità dell'industria cinematografica era affidata a famosi scrittori e sceneggiatori. Il blocco delle frontiere all'entrata in guerra della Russia, nel 1914, provoca la chiusura degli uffici di molte società di distribuzione straniere, specialmente quelle tedesche. Anche i film provenienti dall'Italia cessarono dopo la sua entrata in guerra nel 1915, contribuendo alla crescita dell'industria nazionale e alla nascita di nuove società locali, compresa la terza in ordine di importanza tra le società russe, la Yermoliev. I due registi più importanti degli anni della guerra furono Evgenij Bauer e Yakov Protazanov, maestri del genere melodrammatico. Bauer approdò al cinema nel 1912. Le sue messe in scena si distinguevano per una particolare attenzione alla profondità dello spazio; curate nei minimi dettagli, caratterizzati da forti contrasti luminosi, complessi movimenti di macchina, i film di Bauer soddisfavano la passione, tipica del pubblico di quel periodo, per le storie malinconiche all'estremo e centrate su malattie morbose. La carriera di Protazanov, comincia nel 1912, lavorando principalmente per la Yermoliev.
Gran parte dei suoi film erano adattamenti di celebri opere di Puskin e Tolstoj. Ne è l'esempio l'adattamento della novella di Tolstoj Padre Sergio (1917).
Cinema Francese, Tedesco,Sovietico, negli anni 20
Nonostante la concorrenza straniera, l'industria francese fu in grado di dare vita a una produzione varia.
Uno dei generi che, diversamente dagli altri Paesi, continuava ad avere successo in Francia era il serial.
Le grandi compagnie, come la Pathé e la Gaumont, avevano compreso che le produzioni in costume o gli adattamenti letterari potevano essere economicamente vantaggiosi solo se mostrati in differenti episodi, perchè in questo modo i frequentatori abituali delle sale cinematografiche sarebbero stati spinti a tornare per tutte le puntate. Un genere minore fu il film fantastico, il cui maggior autore fu Renè Clair. Il suo primo film, Parigi che dorme (1924), narrava di un misterioso raggio che paralizza l'intera città, Il viaggio immaginario (1926), di Clair, dove il protagonista immagina di essere trasportato da una maga in un paese delle fate, creato con raffinati set dipinti. Queste opere fantastiche si rifacevano alla tradizione popolare del primo cinema francese, utilizzando trucchi di ripresa e scenografie stilizzate tipiche di Velle e Mèliès. Anche il genere comico continua a essere popolare nella Francia del dopoguerra.
Fra le commedie importanti realizzate da Clair, Un cappello di paglia di Firenze (1928).
Impressionismo Francesce
Tra il 1918 e il 1923, una nuova generazione di autori esplorano le possibilità del cinema come forma d'arte.
I loro film mostravano una bellezza pittorica dell'immagine . Lo stile del cinema impressionista discende dalla convinzione dei suoi autori, che consideravano il cinema come una forma d'arte. Gli impressionisti cercavano di creare un'esperienza emotiva per lo spettatore, suggerendo ed evocando più che affermando chiaramente. In poche parole, il lavoro dell'arte è quello di creare emozioni secondo una visione propria dell'estetica romantica tardo ottocentesca.
Da un lato, i teorici impressionisti ritenevano il cinema una sintesi delle altre arti, in grado di creare relazioni spaziali, come l'architettura, la pittura e la sculture. Dall'altro lato il cinema era visto come uno strumento espressivo con possibilità uniche. Tutti i teorici del periodo erano d’accordo nel sottolineare la sua estraneità al teatro. Nel tentativo di definire in maniera più precisa la natura dell'immagine cinematografica, alcuni teorici fecero uso del concetto di photogènie, idea riferibile a qualcosa di ben più articolato del corrente significato di fotogenia. Louis Delluc fu il primo a diffondere l'idea di photogènie come qualità che distingueva l'immagine filmica dell'oggetto originale: trasformato in immagine, l'oggetto acquistava una nuova espressività espressività, rivelandosi allo spettatore in una luce totalmente nuova.
Ad esempio, Germaine Dulac realizza nel 1923 alcune importanti opere impressioniste, La sorridente madame Beudet e Ragazzina. Jacques Feyder, fu uno dei maggiori registi degli anni Venti, realizzò diversi film impressionisti tra il 1923 e il 1926. Il primo importante film del movimento impressionista fu La decima Sinfonia (1918) di Abel Gance, la storia di un compositore che crea una sinfonia capace di suscitare una tale impressione sugli ascoltatori da essere considerata diretta discendente dalle nove di Beethoven. Gance rimase il più popolare fra gli impressionisti, e dopo i successi con la Pathé formò la Films Abel Gance. L'unico regista impressionista rimasto ai margini dell'industria fu il critico e teorico Louis Delluc, che diede vita a una piccola casa di produzione per i suoi film a basso costo, come Febbre. Un altro autore impressionista, Dimitri Kirsanov, lavorò con limitatissime risorse finanziarie, raccogliendo fondi senza l'appoggio di case di produzione e realizzando film a costo praticamente nullo, come L'ironia del destino e Mènilmontant.
La russa Yermoliev, volendo sottrarsi alla nazionalizzazione dell'industria decisa dal governo sovietico, si stabilì a Parigi nel 1920 dove fonda la Films Albatros nel 1922. Nel 1923, la Albatros produsse uno dei film più audaci del periodo, Il braciere ardente, diretto da Mosjoukine e da Aleksandr Volkov, e l'anno successivo Kean, Kean, ovvero genio e sregolatezza , diretto da Volkov. La Albatros produsse film diretti da registi francesi: Epstein a metà degli anni Venti e l'Herbier, con cui co - produsse Il fu Mattia Pascal. L'impressionismo dal 1918 al 1929, inizia a declinare diverse furono le ragioni del declino, prima tra tutte lo spostamento degli interessi di molti autori, poi gli importanti cambiamenti nell'industria francese che resero più difficile per alcuni di essi continuare a esercitare il controllo sul proprio lavoro. Un altro fattore di diversificazione del cinema impressionista era legato all'impatto dei film sperimentali realizzati dagli autori surrealisti. Su questa tendenza scrisse e tenne conferenze Dulac, che nel 1928 abbandona il cinema commerciale per realizzare un film surrealista, La conchiglia e il sacerdote .
Espressionismo Tedesco
Al termine della guerra, la Germania poteva vantare una industria cinematografica, Dal 1918 fino all'ascesa del nazismo la produzione tedesca fu seconda solo a quella di Hollywood per dimensioni, innovazioni tecniche. Nel febbraio del 1920, a Berlino, veniva proiettato per la prima volta Il gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene. I critici sostennero che lo stile espressionista, in quel periodo già stabilmente affermatosi in molte altri arti, era arrivato anche al cinema. L'espressionismo era apparso intorno al 1908, principalmente nel campo della pittura e del teatro; adottato in diversi paesi, raggiunse la sua più intensa manifestazione in Germania. Molte tendenze artistiche del diciannovesimo secolo si erano fondate sul realismo e sulla percezione delle cose, ad esempio l'impressionismo francese. Al contrario, l'espressionismo rappresentava una reazione al realismo, il tentativo di esprimere, attraverso distorsioni estreme, le emozioni più vere e profonde, nascoste al di sotto della superficie della realtà. L'esempio del Il gabinetto del dottor Caligari dimostrava come le ricostruzioni in studio potessero avvicinarsi alla stilizzazione della pittura espressionista, ad esso seguirono rapidamente altri film espressionisti, fino a dare vita a un vero proprio filone che sarebbe durato fino al 1927. Verso la fine degli anni Dieci, l'espressionismo era divenuto uno stile largamente accattato. Nel cinema classico, la figura umana è l'elemento più espressivo, e il set, i costumi e l'illuminazione, sono normalmente subordinati ad essa; sullo schermo lo spazio tridimensionale in cui si svolge l'azione è più importante delle qualità grafiche bidimensionali. Nelle opere espressioniste l'azione procede a sbalzi, e la narrazione subisce delle pause o semplicemente rallenta brevemente quando gli elementi della messa in scena si dispongono in una forma tale da catturare l'attenzione dello spettatore.
Nei film espressionisti era comune il ricorso a superfici stilizzate, a forme simmetriche o distorte che spesso venivano giustapposte ad altre simili. L'uso della stilizzazione consentiva di relazionare elementi diversi della messa in scena. L'uso di forme simmetriche offriva diverse possibilità per combinare fra loro attori, costumi e scenografie e dare così rilievo alla composizione complessiva. Ma forse il tratto più comune e ovvio dell'espressionismo è l'uso di forme distorte ed esagerate che trasformano gli oggetti. Anche se gli aspetti principali dello stile espressionista riguardino la messa in scena, è possibile comunque individuare alcune costanti anche nell'uso delle altre tecniche cinematografiche. Il montaggio in genere è semplice, e si avvale di soluzioni come il campo-controcampo o il montaggio alternato. Inoltre questi film possedevano un ritmo più lento rispetto ad altri dello stesso periodo, in modo da permettere allo spettatore di esplorare i diversi elementi dell'inquadratura. L'uso della macchina da presa è più funzionale che spettacolare. Per questo motivo difficilmente si hanno movimenti di macchina o riprese particolarmente angolate, e e obbiettivo tende a rimanere su una linea perpendicolare, più o meno all'altezza degli occhi o del petto. Tra i più grandi film espressionisti : Nosferatu il vampiro (1922) di Friedrich W. Murnau, Tartufo (1925), Il dottor Mabuse (1922) di Fritz Lang. I due soli film che vennero realizzati dopo questi anni, sono Faust di F.W.Murnau, e il più grande film espressionista, Metropolis di Fritz Lang, che in pratica segnarono la fine del movimento. I due fattori principali del declino furono gli elevati costi delle ultime proiezioni e la partenza di diversi registi tedeschi, attirati dalle offerte provenienti da Hollywood.
Cinema Sovietico negli anni 20
L'era del cinema sovietico dopo la Rivoluzione può essere divisa in tre periodi. Il primo durante il Comunismo di guerra (1918-1920), in cui il Paese si trovava in una situazione di guerra civile, con enormi difficoltà economiche, che ovviamente si ripercuotevano sull'industria cinematografica. Un secondo, in cui il cinema diede timidi segni di ripresa, caratterizzato dalla Nuova Politica Economica (1921-1924), progettata per portare il Paese fuori dalla crisi. Infine, un ultimo periodo (1925-1933) caratterizzato dalla crescita e dalle esportazioni in cui produzione, distribuzione ed esercizio ricominciarono a funzionare. La Russia affrontò due rivoluzioni nel 1917. La prima, nel febbraio, eliminò il potere assoluto dello zar, sostituendolo con un governo provvisorio riformista. Nell'ottobre dello stesso anno, Lenin guida una seconda rivoluzione, culminata con la formazione dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. La rivoluzione esplosa in febbraio ebbe un impatto relativamente modesto sull'industria cinematografica, potenziatasi durante la guerra.
Nel 1918, al Narkompros, il Commissariato popolare per l’istruzione viene affidata la regolamentazione dell'industria cinematografica. Il 1918 si registra i primi tentativi di due giovani autori destinati a divenire importanti negli anni Venti, Dziga Vertov e Lev Kulešov. L’anno seguente venne fondata la Scuola statale di cinematografia. Nel 1920 Kulèsov guida la Scuola statale di cinematografia e dà vita al suo laboratorio.
Nel 1922 venne creata la Goskino per il monopolio statale della distribuzione. Sergej Michailovic Ejzenštein, uno dei maggiori registi del periodo, pubblica un saggio intitolato Il montaggio delle attrazioni. Fallito il tentativo con la Goskino di centralizzare la distribuzione cinematografica, il governo decise di creare allo scopo una nuova società; il primo gennaio 1925 nasceva la Sovkino. Un obbiettivo primario fu produrre film che incarnassero l'ideologia comunista per diffonderla anche nelle zone più remote del paese. La Goskino rimase in vita per un certo periodo, dedicandosi a piccole produzioni; tra queste però, spicca il capolavoro del cinema sovietico, nonchè il primo film a raccogliere un grande successo all'estero, La corazzata Potëmkin (1925) di Ejzenštein. Altri grandi successi di questo periodo furono La madre , Tempeste sull'Asia di Vsevolod Pudovkin che collabora con Kulesov. Nel marzo del 1928, si svolge la prima conferenza del partito comunista sulla questione cinematografica. Un altro autore di rilievo che aveva cominciato la sua carriera negli anni della Rivoluzione fu Dziga Vertov, scriveva poesie e libri di fantascienza, componeva musica, e frequentava gli ambienti degli artisti futuristi. Tra il 1916 e il 1917, Vertov diventa supervisore dei cinegiornali, nel 1924 inizia a realizzare i primi documentari, nel 1927 il sonoro fa il suo ingresso nel cinema, portando con se complicazioni economiche e tecnologiche.
Cinema - Hollywood
Tra il 1922 e il 1930, la somma totale dei capitoli investiti nell'industria cinematografica balza da 78 a 850 milioni di dollari. La frequenza media settimanale nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti raddoppia, e l'esportazione dei prodotti Hollywoodiani continua ad aumentare fino alla metà degli anni Venti. Un fattore strategico dell'espansione dell'industria fu l'acquisto e la costruzione di sale cinematografiche da parte delle grandi case di produzione, che si assicuravano in questo modo un canale di distribuzione per i propri film.
Se negli anni Dieci si era consolidata l'industria cinematografica, nel decennio successivo essa si trasformò in un sofisticato sistema di istituzioni. Il fattore più indicativo di questa crescita fu la tendenza dell'industria verso una concentrazione di tipo verticale.
Le società più grandi si organizzarono in modo da combinare la produzione e la distribuzione con la proprietà di catene di sale cinematografiche. Nei primi tempi, queste catene si svilupparono essenzialmente a livello locale. Proprio un gruppo di esercenti di sale lancia nel 1917 la sfida al potere hollywoodiano creando una propria casa di distribuzione, la First National Exhibitor's Circuit, con sede a Philadelphia. Un'altra importante società di quegli anni, che tentò una concentrazione di tipo verticale, fu la Loewìs Inc, il suo fondatore, Marcus Loew, nel 1919 acquista una società di medie dimensioni, la Metro, allora guidata da Louis B.Mayer; con la successiva acquisizione nel 1924 della Goldwyn Pictures, Loew crea quella che sarebbe divenuta, dopo la Paramount, la seconda società cinematografica di Hollywood, la Metro Goldwyn-Mayer. Le compagnie a concentrazione verticale che controllavano la maggior parte delle catene di sale cinematografiche, la Paramount Publix, la Metro Goldwyn-Mayer e la First National, costituirono la Tre grandi. In seguito diventano le Piccole Cinque, ovvero la Universal, Fox, Producers Distributing Corporation, Film Booking Office e Warner Bros. Durante gli anni Venti, cominciarono ad affermarsi la generazione di registi che avrebbero dominato i tre decenni successivi del cinema americano: John Ford, King Vidor e altri nomi famosi come D.W.Griffith (già autore di Nascita di una Nazione, Eric von Stroheim, Murnau.
Il più grande successo di David Wark Griffith fur Le due orfanelle (1922). Griffith gira un film epico, America (1924), sulla Rivoluzione Americana, realizza due pellicole di cui la più ambiziosa fu Abraham Lincoln (1930), Femmine folli (1922) di Eric von Stroheim, la carriera del regista si interruppe con l'avvento del sonoro.
Introduzione del Sonoro
Tra il 1926 e il 1927 la Warner Bros realizza film con musica ed effetti sonori come il film Il cantante di jazz.
Il sonoro influenza anche lo stile. La maggior parte dei cineasti si rese conto che il sonoro, se usato con immaginazione, poteva offrire un'importante risorsa espressiva. Nel 1929 il suono era ormai stato adottato da tutti gli Studios Americani. La Gran Bretagna costruisce uno studio-system che imitava quello di Hollywood.
Hollywood
Dopo le prime proiezioni del 1896, la produzione di film si diffuse rapidamente in Inghilterra. Inizialmente la maggior parte dei film veniva raggruppata e veniva mostrata come numero unico all'interno del programma di uno spettacolo musc-hall (l'equivalente del varietà italiano). A partire dal 1897, gli spettacoli di cortometraggi a basso prezzo si diffusero anche nelle fiere dove richiamavano il pubblico della classe operaia. All'inizio la maggior parte dei film inglesi si basava su soggetti molto semplici o ricavati dall'attualità. I primi film inglesi divennero famosi per i loro spettacolari effetti speciali. Cecil Hepworth, per esempio, produsse film a partire dal 1899, concentrandosi sui temi di attualità, ma presto cominciò anche a girare film pieni di trucchi ed effetti, e finì per diventare il produttore più importante nel periodo tra il 1905 e il 1914.
Altri produttori erano sparsi in Inghilterra; i più importanti formavano il piccolo ma influente gruppo che venne poi denominato la Scuola di Brighton dal nome della città dove lavoravano, i capiscuola erano George Albert Smith e James Williamson, tutti e due fotografi, che passarono al cinema nel 1897. Entrambi costruirono piccoli studi aperti da un lato per far entrare la luce e sperimentarono diversi modi di usare gli effetti speciali e il montaggio che influenzarono in seguito i registi di altri paesi. Il grande boccone, 1900 di Williamson.
Registrazione del Suono
L‘introduzione del sonoro cambia in modo significativo la presentazione dei film nelle sale. Molte sale non potevano più permettersi maschere che accompagnavano gli spettatori ai loro posti. Alla ricerca di nuove entrate, gli esercenti iniziarono a vendere caramelle, pop-corn e bevande. Visto che molti spettatori potevano spendere poco, in aggiunta ai consueti cortometraggi si inaugurò la consuetudine dei doppi e a volte tripli spettacoli: il secondo film era di solito un serie B a basso costo. Un altro trucco degli esercenti per attrarre gli spettatori erano i premi: un‘estrazione di biglietti vincenti, oppure un cuscino ricordo insieme al biglietto.
Le iniziative più efficaci erano le dish night, in cui ogni biglietto dava diritto a una stoviglia di porcellana, che la sala aveva acquistato all‘ingrosso: per completare un intero set di terraglie le famiglie dovevano tornare ogni settimana. Durante la seconda guerra mondiale l‘incremento del pubblico fece cadere in disuso alcuni di questi incentivi: la produzione di serie B perse importanza, ma il doppio spettacolo rimase, così come il blocco dei rinfreschi. L‘espansione dell‘industria negli anni Venti aveva fatto nascere molte società di servizi tecnici e moltiplicato i reparti negli Studios. La rivoluzione del sonoro era stata il primo frutto della crescita tecnologica del settore. Attraverso gli sforzi degli Studios, dei tecnici e di istituzioni di coordinamento come l‘Academy of Motion Picture Arts and Sciences, la tecnica cinematografica divenne più versatile e sofisticata.
I metodi di registrazione del suono subirono un costante miglioramento. I primi microfoni non erano direzionali e coglievano rumori non voluti prodotti da troupe e macchinari, ma gradualmente furono sviluppati modelli che si potevano puntare verso la fonte sonora prescelta. Le prime ingombranti aste da microfono vennero presto sostituite da giraffe più leggere e versatili. Sul finire del 1932 i progressi nella registrazione di più piste audio consentivano di registrare separatamente musica, voci ed effetti che sarebbero poi stati mixati insieme su un‘unica pista sonora.
Nello stesso anno fu inaugurata anche la soluzione di stampare numeri identici sui margini dei negativi dell‘immagine e del sonoro, permettendo un‘accurata sincronizzazione di inquadrature anche brevi. Gli effetti di questi progressi furono presto apprezzabili: gli attori non erano più costretti a muoversi a passi felpati e a pronunciare le battute lentamente, e l‘incedere lugubre di molti dei primi film parlati cedette il passo a un ritmo più vivace. Questa nuova flessibilità è evidente nelle produzioni più disparate del 1932, Mancia competente, Io sono un evaso, Il dottor Jekyl di Rouben Mamoulian. Il primo cinema sonoro effettuava la registrazione su piste multiple favorì l‘introduzione di quella che si sarebbe chiamata colonna sonora.
Fu soprattutto Steiner a fissare le consuetudini musicali degli Studios: la sua enfatica partitura per King Kong ebbe vasta influenza come uno dei primi esempi di stile sinfonico. Steiner amava citare nelle sue partiture motivi riconoscibili per sottolineare il significato di una scena; come in Il sergente York (1940).
Movimenti di Macchina
Molti dei primi film sonori ricorrevano a movimenti di macchina, anche se ciò richiedeva solitamente di girare la scena muta e aggiungere il suono in seguito, o di costruire complessi marchingegni per spostare la pesante cabina di ripresa. Un‘inquadratura in movimento spiccava all‘interno del film, che era spesso realizzato a cinepresa multipla, pregiudicando la fluidità della narrazione. Si cominciarono così ad usare rivestimenti che attutissero il rumore della cinepresa, che però sollevarono un nuovo problema: erano troppo pesanti per i treppiedi tradizionali, e più difficili da muovere da un‘inquadratura e l‘altra. La soluzione fu un sostegno solido ma anche facile da spostare; singoli operatori e società di servizi crearono versioni perfezionate dei dolly e delle gru già usati sul finire dell‘epoca del muto.
Il 1932 fu anche in questo ambito un anno di svolta, con l‘introduzione del Rotambulator di Bell & Howell, si trattava di un dolly di oltre tre quintali che poteva sollevare la macchina da presa verticalmente da 45 cm fino a due metri di altezza, permettendo all‘operatore di fare panoramiche, piegarsi in alto o in basso e spostarsi agevolmente su un carrello. Il Panoram Dolly della Fearless Company (1936) poteva passare attraverso un‘apertura di 90 cm. Anche i movimenti con le gru divennero più comuni. Per il film All‘Ovest niente di nuovo, di Lewis Milestone, (1930) della Universal utilizzarono il gigantesco braccio di quindici metri costruito nel 1929 per Broadway. Il famoso dolly all‘interno di Via col vento, (1939) sull‘enorme banchina ferroviaria piena di confederati feriti fu realizzato con una gru per costruzioni, utilizzata anche nel musical fiabesco targato MGM ― Il mago di Oz (1939), la macchina da presa piomba sulla città di Munchkin e sulla strada dei Mattoni Gialli.
Technicolor
L‘innovazione più spettacolare dell‘epoca fu il colore. Il sistema a doppia pellicola della Technicolor era stato usato di quando in quando nei film di Hollywood durante gli anni Venti e sopravvisse fino ai primi anni del sonoro, ma era costoso e produceva colori tra l‘arancione rosato e il blu verdognolo. Nei primi anni Trenta la Technicolor inaugura una nuova macchina da presa dotata di prismi per suddividere la luce che proveniva dall‘obiettivo su tre diverse pellicole in bianco e nero, una per ciascuno dei colori primari. La tecnica fu proposta al pubblico da Disney nel cortometraggio animato Fiori e alberi (1932). La Pioneer Picture, una piccola casa di distribuzione indipendente, produsse nel 1935 un cortometraggio musicale ripreso da vivo, La Cucaracha, dimostrando che il Technicolor poteva restituire colori vivaci anche in un teatro di posa. Quello stesso anno, il lungometraggio Becky Sharp di Rouben Mamoulian, dimostrò che il colore poteva arricchire il fascino di un dramma storico. Le Major furono quindi liete di adottare la novità, e la società ebbe modo di monopolizzare il processo, fornendo le macchine da presa speciali, offrendo supervisori a ogni singola produzione, sviluppando e stampando la pellicola.
Stili di ripresa
Nei primi anni Trenta gran parte degli operatori usavano un‘immagine ― sfumata basata sulla diffusa moda stilistica degli anni Venti. Ora però l‘effetto flou divenne meno estremo e più uniforme: il ricorso a filtri vistosi o a lastre di vetro unte e distorcenti fu sensibilmente ridotto, e i laboratori degli studios cominciarono a rendere la pellicola più grigia e sfumata nella fase di sviluppo. Nel 1931 la Eastman Kodak introdusse la pellicola Super Sensitive Panchromatic, adatta alla luce diffusa prodotta dalle lampade a incandescenza che si erano rese necessarie in seguito all‘introduzione del sonoro. Una pratica diffusa tra i registi americani degli anni Trenta era radunare gli attori in un‘area relativamente priva di profondità, per poi passare da uno all‘altro alternando campi e controcampi.
Altri preferivano comporre inquadrature più profonde, magari lasciando leggermente fuori fuoco l‘area in primo piano oppure mantenendo a fuoco l‘intera immagine. Il regista Orson Welles e l‘operatore Gregg Toland svilupparono il concetto della profondità di fuoco e ne fecero un uso estensivo in Quarto potere. Molte delle inquadrature in profondità del film sono ottenute con la stampante ottica, combinando piani nitidamente a fuoco girati separatamente; in alcuni casi certi elementi in primissimo piano sono disposti molto vicino all'obiettivo e a distanza notevole da quelli sullo sfondo, e tutto risulta perfettamente a fuoco: l‘esempio più spettacolare è la lunga scena della firma del contratto. Welles sperimentò ancora su questa soluzione nel suo secondo film L‘orgoglio degli Amberson (1942), per il quale l‘operatore Stanley Cortez ottenne molte inquadrature con profondità di fuoco senza ricorrere a trucchi fotografici. L‘influenza di questi film visivamente innovativi si diffuse presto in tutto il cinema e comporre inquadrature su piani distanti fra loro egualmente a fuoco divenne pratica comune. Nel complesso, l‘innovazione tecnologica tra il 1930 e il 1945 non cambiò il cinema di Hollywood in modo sostanziale: l‘azione narrativa e la psicologia dei personaggi rimasero centrali e la regola della contiguità assicurò un orientamento tradizionale nello spazio del film. Suono, colore, profondità di fuoco e altre tecniche portarono tuttavia importanti innovazioni nello stile.
Dittature di destra e sinistra
Durante gli anni Trenta alcune cinematografie si trovarono sotto il controllo di dittature di destra e di sinistra, in particolare nell'URSS, in Germania e in Italia: tutte erano ben consapevoli delle potenzialità del cinema come mezzo di propaganda oltre che di intrattenimento, ed entrambe le funzioni dovettero convivere durante la guerra. Il controllo governativo assunse forme diverse. Le cinematografie dei vari Paesi che componevano l'URSS a partire dal 1919 furono nazionalizzate dal governo sovietico che impose una gestione centralizzata che si sarebbe ulteriormente irrigidita negli anni Trenta. Il controllo statale, comunque, poteva assumere altre forme: il regime nazista che prese il potere nel 1933 in Germania credeva nel capitalismo e non volle confiscare le case di produzione private, ma ne ottenne ugualmente il controllo acquistandole pacificamente una dopo l'altra. Ancora diversa era la situazione in Italia, dove lo Stato esercitava il controllo con sostegni all'industria e commissioni di censura, senza però nazionalizzare la produzione. Nel 1930, il primo piano quinquennale centralizzò il cinema sovietico in una società unica, la Sojuzkino allo scopo di rendere l'industria più efficiente e liberare l'URSS dall'obbligo di importare tecnologia e film.
Per dominare il mercato interno, si doveva aumentare il numero di film prodotti: nel 1932 nuove fabbriche fornivano la pellicola necessaria, mentre la conversione al sonoro era ormai compiuta, e con un limitato ricorso a risorse straniere. Tuttavia i problemi legati a inefficienze di vario genere e a una produzione comunque scarsa restarono irrisolti. Il periodo 1930-1945 vide anche irrigidirsi il controllo sui film.
Bons Sumjatskij fu fin dall'inizio a capo della Sojuzkino e rispondeva direttamente a losif Stalin, che mostrava grande interesse per il cinema. Sumjatskij prediligeva film divertenti e di facile comprensione; sotto il suo regime, il movimento avanguardista del montaggio non potè che estinguersi. Nel 1935, fu Sumjatskij a supervisionare l'introduzione nel cinema della dottrina del realismo socialista. Più insolito fu un film di Aleksandr Medvedkin, di cui abbiamo testimonianza è il suo unico lungometraggio, La felicità, (1934), dove un contadino, Kymyr, resiste alle riforme della Rivoluzione e cerca la felicità nel benessere individuale mentre Anna, la sua oppressa moglie, entra a far parte di una fattoria collettiva e persuade Kymyr a unirsi a lei. Medvedkin si serve di un registro comico per descrivere l'iniziale povertà della coppia e la stupidità di soldati e preti. Largamente ignorato nel 1934, La felicità fu riscoperto negli anni Sessanta dalla critica, che ne riconobbe l'importanza.
La Dottrina del Regime Socialista
II realismo socialista era un principio estetico introdotto dal Congresso degli Scrittori Sovietici del 1934, Zdanov, funzionario culturale membro del Politbjuro, spiegò: "II compagno Stalin ha chiamato i nostri scrittori ingegneri di anime umane. Che cosa significa? Che doveri vi sono conferiti da questo titolo? Prima di tutto, significa conoscere la vita cosi da poterla descrivere veridicamente nelle opere d'arte: non in un modo morto e scolastico, non semplicemente come 'realtà oggettiva', ma descrivere la realtà nel suo sviluppo rivoluzionario."
Questa politica sarebbe rimasta in vigore, fin verso la metà degli anni Cinquanta, il cinema vi si conformò rapidamente. Ogni artista era obbligato ad aderire al realismo socialista. Stalin governava da dittatore assoluto, la politica del governo era fatta rispettare da una dura repressione e la polizia segreta era pronta a scovare il dissenso dovunque si annidasse.
Dagli anni Venti in poi furono avviate le purghe, tutti i membri del Partito sospettati di non sostenere Stalin con la massima convezione furono periodicamente espulsi, imprigionati, esiliati o giustiziati: il regno del terrore raggiunse il culmine tra il 1936 e il 1938 con processi spettacolo in cui i capi del Partito confessavano per iscritto di aver partecipato ad attività controrivoluzionarie, gli artisti non erano immuni da simili persecuzioni. Vsevolod Mejerchol'd, l'antico mentore di Ejzenštein, regista teatrale scomparve durante le purghe del 1938; scrittori di primo piano come Sergej Tret'jakov e Isaak Babel' furono giustiziati in segreto. Anche il compositore Dmitrij Sostakovic, benché in disaccordo coi precetti della nuova dottrina, dovette obbedirvi. Il realismo socialista divenne la linea ufficiale del cinema nel gennaio 1935, alla Conferenza Creativa Sindacale dei Lavoratori del Cinema Sovietico. Ciapaiev, che era uscito appena due mesi prima, fu citato per tutta la conferenza; Ejzenštein, al contrario, fu preso di mira da tutti i presenti in palese tentativo di screditare coloro che avevano seguito le teorie del montaggio. Altri regigisti furono costretti ad ammettere passati errori; Lev Kulesov dichiarò: "Come altri miei colleghi i cui nomi sono legati a una intera serie di produzioni fallite, io voglio essere a ogni costo, e sarò uno straordinario artista rivoluzionario, ma lo sarò soltanto quando la mia carne e il mio sangue, il mio intero organismo e il mio essere, saranno fusi con la causa della Rivoluzione e del Partito". Nonostante questo umiliante atto di contrizione, Kulesov si pronuncia in difesa di Ejzenštein. I cineasti non potevano sperare di passare inosservati: Stalin era un appassionato di cinema e vedeva molti film nei suoi appartamenti privati; e Sumjatskij, suo diretto rappresentante, aveva l'industria in pugno. Prima di essere approvate, le sceneggiature dovevano passare ripetutamente attraverso un complesso apparato di censura, ma anche a riprese iniziate un film poteva essere sottoposto a revisione o interrotto in qualsiasi momento: un sistema burocratico ingombrante che rallentava la produzione, tanto che per tutti gli Anni Trenta il numero di film completati era al di sotto del totale programmato. Per fare un film ci si doveva sottoporre a minuziosi controlli ideologici perdendo anni interi: il caso più spettacolare di questo tipo di ingerenza fu II prato di Bezhin, il primo progetto sonoro di Ejzenštein in URSS, di cui Sumjatskij fece interrompere la lavorazione nel 1937. Relativamente pochi cineasti subirono le punizioni più estreme, ma le vittime non mancarono: il critico e sceneggiatore Adrian Piotrovskij, che aveva sceneggiato Cortovo Koleso La ruota del diavolo, un film del 1926 di Kozincev e Trauberg furono arrestati nel 1938 e morirono in un campo di prigionia, l'operatore Vladimir Nilsen, un allievo di Ejzenštein, scomparve a Konstantin Eggert.
I Generi principali del Realismo Socialista
In seguito al successo di Ciapaiev i film sulla guerra civile divennero un genere importante del cinema del realismo socialista; nonostante le molte sofferenze da essa provocate, molti reduci la ricordavano come l'era pre-stalinista quando gli obiettivi del comunismo erano chiari e si aveva l'impressione che le cose potessero cambiare rapidamente. Il film Noi di Kronstadt (1936) è rifacimento di Ciapaiev, da cui si differenzia solo per la scelta di un eroe, al posto di un personaggio storico. Il film si svolge nel 1919, durante i feroci combattimenti avvenuti vicino a Kronstadt: il marinaio Balachov all'inizio è indisciplinato, abborda una donna per strada e spartisce malvolentieri le sue razioni con gli operai e i bambini della vicina Pietroburgo; a poco a poco. dopo essere sfuggito all'esecuzione da parte delle truppe Bianche e aver sopportato le privazioni della battaglia, impara ad abbracciare senza egoismo la causa della Rivoluzione. Ciapaiev porta in primo piano il genere biografico, spesso i protagonisti erano celebri figure della Rivoluzione e della Guerra Civile. In teoria l'URSS si stava trasformando in una società senza classi; di fatto, il periodo vide affermarsi il culto della personalità. I più importanti intellettuali della Rivoluzione furono dedicati film biografici: Il deputato del Baltico, di Aleksandr Zarki (1937), ambientato subito dopo la Rivoluzione d'ottobre, dove si racconta in modo romanzato la storia di uno scienziato che aveva accolto con favore il regime bolscevico nonostante lo scherno dei colleghi. In realtà, molti intellettuali si erano opposti, ma il Deputato del Baltico doveva mostrare l'unione delle classi sotto il comunismo: l'anziano professore protagonista fa amicizia con un gruppo di marinai; alla fine il suo libro è pubblicato, Lenin gli manda una lettera di congratulazioni. Maksim Gor'kij fu considerato il massimo esponente letterario del realismo socialista col romanzo La madre pubblicato nel 1907. Dopo la sua morte, Mark Donskoij realizza tre film basati sulle sue memorie giovanili: L'infanzia di Gor'kij (1938),Tra la gente (1939), Le mie università (1940).
La trilogia di Gorkij sottolinea la mancanza di educazione scolastica del protagonista: di origini povere, si sposta di lavoro in lavoro osservando gli aspetti oppressivi della società zarista ma anche incontrando occasionalmente persone che vi resistono (un gentile farmacista locale arrestato per attività rivoluzionarie, un bambino zoppo che fa tesoro delle più minute gioie della vita ). Gli storici Stalinisti scelsero due zar, Ivan il Terribile e Pietro I detto anche il Grande , da dipingere come sovrani progressisti autori di riforme importanti per il superamento della società feudale e il sorgere del capitalismo, preparando così la strada al comunismo. Il film epico in due parti di Vladimir Petrov, Pietro il grande orizzonti di gloria, 1937-1938 fu il primo film dedicato agli Zar. Comuni erano le storie di eroismo di gente comune come il film Biancheggia una vela solitaria (1937) racconta l'avventurosa partecipazione dei bambini alla tentata rivoluzione del 1905. Ambientato a Odessa, il film contiene riferimenti a La Corazzata Potëmkin.
Il Cinema Tedesco sotto il Nazismo
La guerra aveva portato all'URSS enormi perdite, e l'industria del cinema si trovò a dover riavviare la produzione negli studi regolari ricostruendo le strutture della Lenfìlm ridotte a rovine nell'assedio di Leningrado. La vittoria consente all'URSS di mantenere la nazionalizzazione del cinema. Nonostante molti cineasti tedeschi partirono per Hollywood negli anni Venti, diversi film di spicco vennero realizzati tra il 1930 e la presa nazista del potere nel 1933: a dirigerli furono sia i veterani del muto che alcuni importanti nuovi autori. Il primo film sonoro di Fritz Lang, già tra le figure centrali dell'espressionismo tedesco negli anni Venti, fu uno dei suoi capolavori: M, il mostro di Dusseldorf (1931) la storia di un assassino di bambine i cui delitti, provocando continue retate della polizia, diventano un problema serie per tutto il mondo della malavita, al punto che i criminali catturano il mostro e lo processano in un tribunale improvvisato. Lang usa suono e immagini per creare paralleli fra la polizia e un mondo criminale altamente organizzato e sa approfittare dello spazio fuori campo per raccontare le scene più scioccanti, dimostrando con la sua inventiva stilistica l'immediata padronanza del cinema sonoro. Lang diede anche un seguito al suo Il Dottor Mabuse del 1922, con Il testamento del Dottor Mabuse, (1933) in cui il criminale continua a governare la sua banda da un manicomio e perfino dall'oltretomba. II messaggio antibellico di Westfront 1918 è affidato a un amaro simbolismo alla descrizione realistica delle condizioni al fronte. Nel 1933 tutti questi registi - Lang, Pabst, Ophuls e Sagan- lavoravano ormai fuori dalla Germania, anche perchè i nazisti stavano conquistando il potere.
Film dell'Epoca Nazista
Nel 1942, tutte le case di produzione tedesche furono unificate sotto una gigantesca Holding chiamata UFA-Film (ma abbreviata in UFI, per distinguerla dalla vecchia UFA). La UFI controllava tutta la catena, dalla produzione alla gestione delle sale, avendo assorbito 138 società in tutti i settori dell'industria, comprese le strutture di Austria e Cecoslovacchia, che Hitler aveva intanto conquistato. Nonostante questo sforzo il numero dei film prodotti in Germania non fu in grado di soddisfare la domanda l'inizio della guerra nel 1939 segna l'inizio del declino produttivo. L'orrore per l'ideologia nazista ha fatto sì che gli spettatori moderni abbiano visto pochi dei film di quel periodo, con l'eccezione di quelli più dichiaratamente propagandistici come Il trionfo della volontà, Siuss l'ebreo studiati soprattutto come documenti storici.
I primi film vigorosamente propagandistici apparvero nel 1933: SA-Uomo Brand di Franz Seitz, Hans Westmar di Franz Wenzler, II giovane Hitleriano Quex di Hans Steinhoff. Per il pubblico di oggi, Leni Riefenstahl è la cineasta più celebre dell'epoca nazista, attrice di fama nel periodo del muto, Leni Riefenstahl si era diretta nel lungometraggio sonoro La bella maledetta,1932 dove interpretava un di folletto di montagna.
Un altro film molto interessante è La cittadella degli eroi il film racconta un fatto realmente accaduto nelle guerre napoleoniche, quando i cittadini di una piccola città prussiana avevano impugnato le armi per difendersi nonostante le autorità militari locali avessero deciso di arrendersi: alla fine il popolo è sconfitto, il film evidenzia la sua coraggiosa resistenza ai francesi. Alla fine degli anni Venti, l'imprenditore Stefano Pittalunga cerca di rianimare l'industria cinematografica italiana creando una società acquista il vecchio Studio della Cines. Per qualche anno, la nuova Cines domina la produzione italiana, soprattutto perché era l'unica a possedere apparecchiature per la registrazione del suono. Quando l'economia italiana fu colpita dalla crisi, il governo inizia a sostenere diverse industrie e il cinema fu oggetto di una serie di leggi protezionistiche il governo garantì dei sussidi sulla base degli incassi, obbligò le sale a proiettare un dato numero di film italiani, il governo tassò i film stranieri e stabilì un fondo per conferire premi a film di alta qualità. Nel 1932 il Regime di Mussolini inaugura la Mostra del Cinema di Venezia, ideata come vetrina internazionale per i film italiani. Nel 1932 avviene il declino della Cines, nasce la Lux, Manenti, Titanus, ERA, alla fine degli anni trenta la produzione nazionale poteva contare su circa quarantacinque film all'anno.
Il governo riconosce l'industria cinematografica come forza ideologica che non doveva deteriorarsi, crea la Direzione Generale per la Cinematografìa (1934), diretta da Luigi Freddi ex supervisore dell'ufficio Propaganda del Partito Fascista, Freddi si distinse nel nuovo incarico per un atteggiamento sorprendentemente liberista rispetto ai modi dell'intervento governativo, lo Stato doveva incoraggiare e premiare l'industria ma non pretendere di guidarla d'autorità. Convinto che gli spettatori italiani avrebbero rifiutato film pesantemente propagandistici, Freddi si schiera coi produttori per incrementare un cinema vicino allo spirito hollywoodiano.
Un viaggio a Berlino confermò le sue convinzioni i nazisti, sosteneva, avevano danneggiato il cinema tedesco con coercizione cieca e autoritaria, mentre Freddi credeva che un pubblico divertito sarebbe stato un pubblico tranquillo. Questo punto di vista portò il governo a una serie di nuove scelte. Nel 1935 nacque l'ENIC ( Ente Nazionale Industrie Cinematografiche ), cui fu data autorità di intervenire in ogni settore del cinema. L'ENIC rileva la società di Pittaluga, producendo alcuni film, assorbe alcune catene di sale e inizia a distribuire film. Nel 1935 gli Studi Cines furono distrutti da un incendio, Freddi sovrintese alla costruzione di Cinecittà, un moderno complesso di teatri di posa statali alla periferia di Roma che ospitò presto anche dodici teatri di posa sonori. Nel 1935 Freddi fonda la scuola di cinema, il Centro Sperimentale di Cinematografia; due anni dopo il Centro lancia la rivista, Bianco e nero. Al Centro Sperimentale di Cinematografia vengono formati i migliori registi, attori e tecnici italiani, l'investimento del governo nella cultura alimenta il prestigio internazionale. La Biennale di Venezia e la Mostra del Cinema, davano dell'Italia l'immagine di un paese moderno e cosmopolita, e registi stranieri del livello di Max Ophuls, Gustav Machaty, Jean Epstein e Abel Gance vennero a girare nella penisola. Anche la legislazione si fece più incisiva: una legge garantì finanziamenti statali per molti film ad alto budget, incoraggiando le banche a investire a loro volta nella produzione. La Legge Alfieri del 1938 diede ai produttori un aiuto diretto commisurato al numero di biglietti venduti, favorendo così i film popolari e le società più prolifiche; di impatto altrettanto forte fu la Legge sul Monopolio dello stesso anno, che diede all'ENIC il controllo su tutti i film importati (e portò quattro delle più importanti case americane a ritirare la loro produzione dall'Italia). Il cinema italiano non divenne mai un cinema politico statalizzato come quello delle Germania o dell'URSS: l'ENIC controllava solo una piccola frazione del mercato e produceva pochi film; come Stalin, Mussolini vedeva in anteprima ogni singolo film realizzato nel Paese, ma di rado li faceva vietare. Allo stesso tempo, nonostante l'assistenza del governo, l'industria italiana non riuscì a divenire autosufficiente e rimase in passivo per tutti gli anni Trenta.
In generale, il regime si limitava a sovvenzionare un settore fragile lasciandolo in gran parte in mani private.
Un Nuovo Realismo
La legislazione del 1938 aveva creato un'industria dinamica, articolata in oltre una dozzina di poli di produzione e distribuzione, ma l'accorto Freddi (che dal 1941 era presidente dell'ENIC e supervisore di Cinecittà ) riportò in vita la Cines come società semigovernativa. Pur senza essere tentacolare come la tedesca UFI, fra il 1942 e il 1943 la nuova Cines produsse più film di qualsiasi altra società. L'affluenza di pubblico e la produzione crebbe a livelli senza precedenti: 89 lungometraggi nel 1941, 119 nel 1942; un'impennata che avviò la carriera di registi giovani che sarebbero diventati famosi nel dopoguerra. Durante la guerra il regime non cercò di precettare l'industria: anzi, la direzione generale, sotto Eitel Monaco, il successore di Freddi, rese la censura più tollerante. Più in generale tra gli intellettuali più giovani, costernati dalle avventure militari del regime e dai dogmatici sistemi educativi, cominciarono a rafforzarsi sul finire degli anni trenta tendenze antifasciste un'atmosfera che favoriva la nascita di nuove tendenze artistiche. Una di queste, detta calligrafismo per i suoi impulsi decorativi e la sua ripulsa della realtà sociale, tornava alle tradizioni teatrali del diciannovesimo secolo: esempi tipici sono Un colpo di pistola di Renato Castellani (1942) tratto da uno dei Racconti di Belchin di Puskin, Via delle cinque lune da una novella di Matilde Serao (1942).
Gli aspiranti registi subivano l'influenza dei film della scuola del montaggio sovietico proiettati al Centro Sperimentale, del realismo poetico francese e dei registi populisti di Hollywood come Capra e Vidor. Nel 1939 Michelangelo Antonioni immagina un film sul Fiume Po che raccontasse una storia descrivendo la vita lungo le rive che divenne il cortometraggio Gente del Po (1943/47). Durante gli anni della guerra molti di essi esprimono nuova fiducia nei dialetti, nelle riprese in esterni e negli attori non professionisti, La nave bianca di Roberto Rossellini (1941), racconta un dramma di guerra navale in modo quasi documentaristico, film come Acciaio di Walter Ruttmann (1933) e Porto di Amieto Palermi (1935) possono essere considerati i precursori verso un nuovo realismo furono tre film dei primi anni Quaranta, Quattro passi fra le nuvole di Blasetti (1942), I bambini ci guardano (1943). Un articolo di Umberto Barbaro invocava un neorealismo analogo a quello di film francesi come Il porto delle nebbie e suggeriva che Ossessione potesse indicare la strada, Ossessione è addirittura più vicino al noir americano che al neorealismo del dopoguerra. Nel 1943 gli Alleati sbarcarono nell'Italia meridionale e il governo di Mussolini fugge al Nord instaurando la Repubblica di Salò; gli ultimi fascisti e le truppe tedesche occuparono le regioni del nord e del centro e dovettero fronteggiare il movimento partigiani di resistenza armata. La produzione cinematografica italiana subisce un precipitoso arresto e non si riprende fino al 1945, quando i ricordi della Resistenza e l'impegno di descrivere la vita quotidiana sarebbero state le fonti di ispirazione primaria del neorealismo.
L'industria e il Cinema Francese negli anni Trenta
L'avvento del sonoro le diede un nuovo impulso poiché le platee richiedevano dialoghi in francese, e la prosperità di inizio decennio sfociò in un leggero incremento della produzione. Ma il cinema francese non fu risparmiato dalla crisi che colpì l’Europa, Stati Uniti, Germania e Giappone producevano ciascuno centinaia di film all'anno. Negli anni Venti, gran parte del settore produttivo francese era composto da piccole società private che spesso realizzavano un solo film contraendo forti debiti e fallendo subito dopo, alcuni imprenditori disonesti fondavano piccole case di produzione in modo da ottenere prestiti, per poi sparire col denaro e lasciare i registi nei guai; altri progetti si interrompevano per mancanza di fondi. Nel 1934 la Gaumont-Franco-Film-Aubert sfiorò la bancarotta e solo un prestito statale potè salvarla.
La Pathé-Natan ebbe problemi analoghi nel 1936 (complicati dal fatto che uno dei suoi capi, Bernard Natan, fu arrestato) e dovette essere suddivisa in società più piccole. Nel 1935, i film francesi conquistarono più della metà del mercato nazionale. Molti film francesi importanti degli anni trenta erano produzioni prestigiose di alto livello, spesso adattamenti letterari come "Delitto e castigo" (di Pierre Chenal,1935).Come in molti film francesi dell'epoca, l'intreccio convenzionale si accompagna a una splendida fotografia e consente agli attori di emergere:
Il lago delle vergini segna l'esordio sia di Jean Pierre Aumont che di Simone Simon, riservando anche un piccolo ruolo a Michel Simon. Tra queste spicca senz'altro II romanzo di un baro (1936), tratto da un suo romanzo dedicato a un truffatore: tutto il film è narrato in modo molto originale dalla voce del protagonista, che pronuncia anche il dialogo di tutti i personaggi, uomini e donne. Julien Duvivier, attivo in tutti i filoni del cinema francese degli anni trenta, gira nel 1932 Pel di carota (1925), protagonista è un ragazzo il cui carattere allegro si scontra con una madre tirannica e un padre indifferente che prima di dichiarargli il suo affetto indugia al punto da portarlo a un passo dal suicidio. Lo stile sofisticato di Pel di carota e le riprese in esterni della campagna contribuiscono a una storia toccante, raccontata in gran parte dal punto di vista del ragazzo.
Il Neorealismo Italiano
In Italia tra il 1945 – 1951 nasce il neorealismo, un movimento che si approccia in modo diverso al cinema di finzione ed ebbe enorme influenza sul cinema di altri Paesi. Con la caduta di Mussolini, l‘industria cinematografica italiana perse il suo centro organizzativo. In Italia le forze militari alleate cooperarono con le società americane per cercare di assicurare agli Stati Uniti il dominio del mercato e molte case di produzione dovettero ridimensionarsi. Mentre le società interne lottavano faticosamente per sopravvivere, il cinema neorealista si impose come una forza di rinnovamento culturale e sociale. Durante il declino del regime fascista, nella letteratura e nel cinema era affiorato un impulso realista, Quattro passi tra le nuvole di Alessandro Blasetti (1942), I bambini ci guardano di Vittorio De Sica (1943), Ossessione di Luchino Visconti, 1942 e altri film.
Giuseppe De Santis scrisse:
“ Siamo convinti che un giorno creeremo il nostro film più bello, seguendo il passo lento e stanco dell’operaio che torba casa " .
Il cinema italiano era rinomato in tutta Europa per le sue meravigliose scenografie in studio, ma gli studi di Cinecittà avevano subito pesanti danni durante la guerra e non erano in grado di ospitare grandi produzioni, per cui i cineasti si spostarano nelle strade e nelle campagne. Poiché dopo anni di doppiaggio italiano di film stranieri l‘Italia aveva ormai perfezionato l‘arte della sincronizzazione del sonoro, le troupe potevano girare in esterni e registrare il dialogo in seguito. Un‘altra novità era l‘esame critico della storia recente. I film neorealisti proponevano storie contemporanee con una prospettiva da fronte popolare: la trama di Roma città aperta di Roberto Rossellini, era ispirata a eventi reali avvenuti nell‘inverno tra il 1943 e 1944. I protagonisti sono coinvolti nella lotta contro le truppe tedesche che occuparono Roma; la fiducia e il sacrificio personale legano strettamente il sabotatore Manfredi, il suo amico Francesco, la donna di questi, Pina e il sacerdote Don Pietro, Il film ritrae la resistenza come l‘alleanza tra comunisti e cattolici a fianco della popolazione. Nel Paisà, di Rossellini, vi è una visione caleidoscopica dell‘entrata degli Alleati in Italia: i sei episodi del film seguono il movimento delle forze americane dalla Sicilia fino alla pianura padana.
Più frammentario e documentaristico di Roma città aperta, Paisà mette a fuoco non solo la lotta tra i partigiani e le forze occupanti ma anche le tensioni, le incomprensioni e le occasionali affinità che sorgevano tra la popolazione e le truppe americane. Ben presto i cineasti passano dall‘eroismo partigiano a problemi sociali, poche opere realistiche rappresentano il dopoguerra in modo più vivido di Ladri di biciclette (di Vittorio De Sica, 1948 ) il protagonista, Ricci si rivolge a ogni istituzione, Polizia, chiesa sindacati, ma nessuno è in grado di recuperare la bicicletta rubata e molti sono indifferenti alla sua tragedia, con il figlio Bruno è costretto a vagare per la città in un‘inutile ricerca. Ricci cerca di rubare a sua volta una bicicletta e Bruno lo guarda in preda allo shock di chi vede crollare tutte le certezze sul proprio padre. A Ricci è risparmiato l‘arresto e Bruno, che accetta dolorosamente la fragilità del padre, riafferma il suo amore prendendolo per mano. Lo sceneggiatore del film, Cesare Zavattini, aveva spesso più volte il desiderio di fare un film che si limitasse a seguire un uomo per novanta minuti della sua vita. Altri film del cinema del neorealismo italiano esplorano la vita rurale, Riso Amaro descrive, a tratti con una certa enfasi, lo sfruttamento di giovani donne impegnate in lavori agricoli la monda del riso (durissimi mal è pagate, ammassate in dormitori che sembrano campi di prigionia ), un'altra opera importante che mette in risalto la dura vita regionale è il film di Luchino Visconti La Terra trema un libero adattamento del romanzo dei Malavoglia di Giovanni Verga, che ritrae la sfortunata ribellione di pescatori siciliani contro i grossisti di pesce che li sfruttano. Durante la proiezione del film Ossessione di Visconti, Vittorio Mussolini figlio del Duce,era uscito furente dalla sala urlando Questa non è l‘Italia, gran parte dei film neorealisti suscitarono da parte dei funzionari del dopoguerra una reazione simile: il ritratto di un Paese desolato e colpito dalla povertà faceva infuriare politici ansiosi di dimostrare che l‘Italia era sulla via della democrazia e della prosperità. La chiesa cattolica condannò molti film per il loro anticlericalismo e per il modo in cui descrivevano la vita e le abitudini sessuali della classe operaia , mentre la sinistra ne attaccava il pessimismo e la mancanza di un‘esplicita dichiarazione di fede politica. Poche opere neorealiste furono popolari presso il pubblico.
Nel 1949, la legge Andreotti fissa limiti alle importazioni e quote sugli schermi, ma pose anche le basi per fornire prestiti alle case di produzione.
Per concedere un prestito, tuttavia una commissione statale doveva approvare la sceneggiatura, e i film privi di un punto di vista politico erano premiati con somme maggiori, inoltre a un film poteva essere negata la licenza di esportazione se diffamava l‘Italia. La legge Andreotti aveva insomma creato una censura preventiva. La mossa coincise con un generale abbandono del neorealismo, alcuni autori cercarono e trovarono un‘ambientazione neorealistica girando melodrammi e storie d‘amore tradizionali in regioni che offrissero un colore locale pittoresco; altri esplorarono una vena di fantasia allegorica come nel film Miracolo a Milano di Vittorio De Sica e La macchina ammazzacattivi, di Rossellini, 1948.
Neorelismo Spagnolo
La Spagna offre un illuminante esempio dell'influenza del neorealismo italiano, nel 1939 Franco aveva vinto la guerra civile e instaurato una dittatura fascista. Dopo la seconda guerra mondiale la Spagna rientra gradualmente nella comunità mondiale, ma rimane una Nazione a regime autoritario fino a meta degli anni '70. L'industria cinematografica era controllata da un Ministero Statale che censurava sceneggiature prima delle riprese, imponeva il doppiaggio di tutti i film nella lingua ufficiale castigliana e creava un monopolio statale su cinegiornali e documentati. Il regime esigeva film devoti e sciovinisti, il risultato fu una serie di drammi sulla guerra civile (cine cruzada), saghe storiche, film religiosi e adattamenti letterari, fra cui un Don Quixote de la Mancha di Rafael Gil, (1947) che paragonava l'eroe idealista di Cervantes a Franco. Nei primi anni '50, pero, le difficoltà cominciarono a essere palesi. La CIFESA, la maggiore casa di produzione del precedente decennio, investi troppo denaro in produzioni ambiziose e falli: la reazione al fallimento delle superproduzioni fu l'apparizione di film a basso costo ad esempio Surcos (Solchi), di Jose Antonio Nieves Conde, (1951) film che affrontava problemi sociali, spesso servendosi della maniera neorealista di riprese in luoghi reali e di attori non professionisti. Alla scuola di cinema IIEC (fondata nel 1947) gli studenti avevano la possibilità di vedere film stranieri proibiti al grande pubblico nel 1951, in una settimana dedicata al cinema italiano, alla IIEC si proiettarono Ladri di biciclette, Miracolo a Milano, Roma citta aperta, Paisà e Cronaca di un amore, subito dopo, alcuni diplomati della scuola fondarono una rivista, Objectivo, dedicata alla discussione delle idee neorealiste. Di enorme successo in Spagna, Benvenuto Mr. Marshall ! una satira del crescente strapotere americano, lanciava stoccate ai film di Hollywood e al folklore spagnolo, si appellava all'unita popolare.
Il tono fu confermato in successivi film di Berlanga come Calabuig (Id., 1956), una parodia della corsa agli armamenti, e promulgo di fatto ciò che sarebbe stata definita estetica franquista, un trattamento ironico o beffardo di soggetti apparentemente innocui. Benvenuto Mr.Marshall! fu scelto a rappresentare ufficialmente la Spagna al Festival di Cannes a dispetto delle controversie sulla sua posizione anti-americana ottenne una menzione speciale.
Il film lancia anche la carriera di Bardem, che sia afferma sulla scena internazionale con Gli egoisti, Muerte de un ciclista, (1955), Calle Mayor (1956), che vinse il premio della Critica alla Mostra del Cinema di Venezia, Calle Mayor, una feroce accusa alla ristrettezza e all'egotismo maschile di provincia, ricorda, I vitelloni, ma e privo dell'umorismo di Fellini.
Il Cinema Francesce del Dopoguerra
La Francia con il suo cinema d'arte, il ritorno di molti importanti autori d'anteguerra ed emergere con giovani sperimentatori; il cinema scandinavo arriva alla ribalta grazie a cineasti provenienti dall'esperienza teatrale che contribuirono a dar forma al nascente cinema d'autore; gli inglesi, nel complesso meno inclini alla sperimentazione, incontrarono una nuova popolarità nei Paesi anglofoni. Coproduzioni, esportazione e festival contribuirono a offrire ai film una platea internazionale. Il primo decennio del cinema francese postbellico fu dominato da ciò che un critico definì nel 1953 il Cinema di qualità, un termine all’inizio piuttosto ampio, ma ben identificato con determinati registi e sceneggiatori. La tradizione di qualità mirava a una produzione di prestigio ed era costituita in massima parte da adattamenti di classici letterari, tanto che il ruolo creativo dello sceneggiatore era spesso considerato pari, se non superiore, a quello del regista.
Gli interpreti erano scelti fra i teatri più celebri e spesso i film erano impregnati di quel romanticismo reso famoso dal realismo poetico d'anteguerra. Stilisticamente, gran parte dei film appartenenti alla tradizione di qualità somiglia ai drammi romantici di serie A prodotti a Hollywood e in Gran Bretagna come Arco di trionfo di Lewis Milestone (1948) o Breve incontro di David Lean, (1945). Fra le altre coppie celebri della tradizione di qualità è quella composta dallo sceneggiatore Charles Spaak, e da Andre Cayatte, Giustizia e fatta (1950) e Siamo tutti assassini (1952). La maggior parte dei registi della tradizione di qualità erano giovani che avevano avviato la loro carriera dopo l'avvento del sonoro, di solito sotto l'Occupazione.
Il Cinema del Dopoguerra in Giappone
Dalla seconda guerra mondiale il Giappone era in ginocchio: le città principali erano state distrutte dai bombardamenti americani e le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki avevano provocato morte e sofferenze senza precedenti. Il Giappone si arrese, il 15 agosto 1945, le sue perdite contavano almeno 8 milioni di soldati e oltre 600.000 civili. Le forze americane avevano occupato il Paese, orientandolo sulla fedeltà dell'Occidente. Durante la guerra, l'industria del cinema si era assestata in tre società principali: Shochiku, Toho e Daiei. Sotto l'occupazione crebbe in modo considerevole la produzione indipendente, ma le tre società controllavano distribuzione ed esercizio. Nel 1950, scese in campo anche la Toei ( Societa Cinematografica Orientale) che sarebbe divenuta nel 1956 la società più redditizia dell'industria.
Il dopoguerra vide la rapida ripresa ed espansione dell'industria: a metà degli anni cinquanta si potevano contare 19 milioni di spettatori settimanali, circa la meta di quelli degli Stati Uniti e cinque volte quelli della Francia. Nel complesso il decennio vide una prosperità senza precedenti, portando la produzione a sfiorare i 500 film nel I960. Questo successo consenti all'industria di investire nel procedimento Fujicolor (apparso per la prima volta in Carmen viene a casa di Keisuke Kinoshita (1951). Il cinema giapponese inizia a farsi notare anche sulla scena internazionale e Maichi Nagata capo della Daiei inizia a concentrarsi sui mercati esteri.
La svolta avvenne con Rashomon di Akira Kurosawa, (1950) che vinse il Leone d'oro alla Mostra del Cinema di Venezia del 1951 e l'Oscar per per il miglior film straniero. Nagata inizio a produrre film di qualità e adatti alle esportazioni: film Daiei come I racconti della luna pallida d'agosto di Kenji Mizoguchi, L'intendente Sansho di Kenji Mizoguchi, La porta dell'inferno, di Teinosuke Kinugasa, vinsero premi ai festival e aumentarono l'interesse del pubblico occidentale per il cinema giapponese. Proibiti durante l'occupazione, i film storici (jidai-geki) riapparvero subito dopo la partenza degli americani nel 1952, il genere si rinnovava con jidai-geki piu prestigiosi come I sette samurai, di Akira Kurosawa (1954).
I registi che si erano imposti negli anni Venti e Trenta mantennero nel dopoguerra un ruolo centrale: Kinugasa ad esempio continuo a essere per i suoi jidai-geki di qualità. Meno note sono le opere di Hiroshi Shimizu, che produrre eccellenti film sull'infanzia: I bambini dell'alveare, impiega attori non professionisti e ambienti reali per affrontare il problema degli orfani di guerra. Shimizu fonda un orfanotrofio e nei film successivi usa come attori molti dei suoi piccoli ospiti. In questi oscuri melodrammi ambientati in quartieri operai, i personaggi sono vittime di malattie, debiti e gelosie. Hideko Takamine, una delle migliori attrici del dopoguerra, vi ricopre spesso il ruolo dell'eroina sofferente. Meno deprimenti sono i film girati nel dopoguerra da Heinosuke Gosho che tempera lo shomin-geki con un lirismo appena accennato. I due più importanti maestri del dopoguerra erano ancora Kenji Mizoguchi e Yasujiro Ozu. Nei primi film del dopoguerra, Mizoguchi continua a piazzare i personaggi a notevole distanza dalla macchina da presa, una soluzione portata all'estremo nelle inquadrature decentrate e in campo lunghissimo di L'amore dell'attrice Sumako (1957). Nelle scene più intime Mizoguchi tende a riprendere leggermente dall'alto, scegliendo il grandangolo per tenere in profondità i personaggi, spesso incorniciati da porte e muri. Mizoguchi insiste inoltre con inquadrature di lunghezza fuori dal comune: la durata media e fra i quaranta e i cinquanta secondi, ma alcune durano minuti interi.
A differenza di Ophuls o di Antonioni, Mizoguchi non ricorre quasi mai al movimento di macchina, creando cosi un enorme impatto drammatico: quando ne La vittoria delle donne la madre confessa di aver ucciso suo figlio, Mizoguchi imposta l'azione in una scena frontale dove il movimento graduale e spesso interrotto della madre e del suo avvocato verso la macchina da presa produce una crescente tensione. I temi centrali sono di solito crisi familiari matrimonio, separazione e morte: in Tarda primavera (1949) una figlia esemplare deve affrontare la necessita di abbandonare il padre vedovo; in Inizio d'estate, diverse generazioni di una famiglia sono scosse dall'impulsiva decisione di una figlia, di sposarsi; Viaggio a Tokyo, in Fiori di equinozio racconta la visita di una coppia di anziani ai loro figli.
Il Cinema nella Repubblica Popolare Cinese
Dopo la resa del Giappone nel 1945 la lotta esplose nuovamente: nonostante il sostegno americano, le forze di Chia Kaishek dovettero lasciare Taiwan nel 1959 i comunisti sotto Mao Tse-Tung istituirono sul continente la Repubblica Popolare Cinese. Durante la guerra civile, la produzione cinematografica continua ad avere base a Shanghai. Molti sceneggiatori e registi simpatizzavano con la causa rivoluzionaria e non di rado si scontravano con la rigorosa censura del tempo di guerra, anche se alcuni film offrirono modelli per il cinema post-rivoluzionario: il piu importante di questi fu Il fiume della Primavera scorre verso est, un film in due parti di Cai Chusheng e Cheng Chun-li, altri due importanti film di quest'epoca furono Corvi e passeri di Cheng Chun-li e San Mao, il piccolo vagabondo. Nel 1949 fu fondato il Film Studio di Pechino e come capo fu scelto Yuan Muzhi, che nel 1937 aveva realizzato Angeli della strada. Il nuovo Ministero della Cultura crea l'Ufficio per il Cinema. Tra il 1949 e il 1950 si formularono piani per la produzione, la censura,la distribuzione e l'esercizio; i film popolari provenienti dall'Occidente furono gradualmente eliminate, poichè la produzione cinese non bastava a soddisfare la domanda, furono importate pellicole dall'URSS e da altri Paesi comunisti. Nonostante il valore propagandistico dei film, i burocrati della cinematografia avevano un serio problema: la Cina era un Pese prevalentemente agricolo, con l'80% della popolazione situata in zone rurali e nel 1949 la Nazione disponeva soltanto di 650 sale concentrate nelle città portuali e destinate a un pubblico colto e di classe media. Milioni di cinesi non avevano mai visto un film e non erano in grado di assimilare le idee veicolate dai film sovietici. Dopo la rivoluzione del 1917, il governo cinese si impegno a estendere la rete delle sale e a realizzare film apprezzabili da contadini, operai e soldati: subito dopo la rivoluzione nacquero cinematografi itineranti per portare i film nelle regioni più lontane. Nel 1960 essi raggiungevano la cifra di circa 15.000 sale cinematografiche, via via che i nuovi spettatori venivano conquistati dal cinematografo, cresceva enormemente anche il numero dei biglietti venduti, dai 47 milioni del 1949 ai 4,5 miliardi del 1959. Nuovi tecnici furono formati dapprima in una scuola collegata ai Film Studio di Pechino e in seguito alla Accademia Cinematografica di Pechino. Alcuni film del periodo che vale la pena ricordare sono La mia vita, Il sacrifico del nuovo anno e La giocatrice di pallacanestro (1957).
La Nouvelle Vague
Nella Francia degli ultimi anni '50 l'idealismo e i movimenti politici del primo dopoguerra mutarono in una cultura quasi apolitica del consumo e del divertimento. La nuova generazione destinata a occupare presto i posti di potere in Francia fu battezzata Nouvelle Vague, ed era in gran parte composta da avidi lettori di riviste di cinema e frequentatori di cineclub e Cinema D'essai: un pubblico, pronto per film meno allineati di quelli del cinema di qualità. L'industria cinematografica non aveva ancora scoperto il nuovo mercato, ma nel 1958 l'affluenza nelle sale inizia a declinare e molti film si risolsero in costosi fiaschi. Il sostegno statale incoraggiava il rischio: nel 1953 il Centre National du Cinema aveva introdotto un premio di qualità che permetteva a nuovi registi di realizzare cortometraggi; una legge del 1959 rilancia con il sistema della avance sur recettes (anticipo sulle ricevute), che finanziava le opere prime sulla base della sceneggiatura. Fra il 1958 e il 1961 esordirono cosi nel lungometraggio dozzine di registi. Uno sviluppo cosi vistoso comprendeva naturalmente tendenze molto differenti, ma le due principali sono quelle che si identificano con il gruppo della Nouvelle Vague da una parte e dall'altra con quelli della Rive Gauche, autori di poco più anziani che solo ora si affacciavano sul mondo del cinema. Si deve in gran parte alla Nouvelle Vague l'immagine romantica del giovane regista che lotta per sfidare con un cinema personale le convenzioni dell'industria. Spesso si girava senza sonoro e si provvedeva in seguito al doppiaggio; per tre anni, svariate opere del genere produssero guadagni notevoli, portando alla fama Jean-Paul Belmondo, Jean-Claude Brialy, Anna Karina, Jeanne Moreau e altre star che avrebbero dominato per decenni il cinema francese. Come indica lo stesso termine di Nouvelle Vague ( nuova ondata). Incentrato sulla vita professionale urbana tra mode, chic, auto sportive, bar, party notturni e locali jazz, il cinema della Nouvelle Vague proponeva l'ambiente dei caffè come se fosse catturato con l'immediatezza del cinema diretto. Gli autori della Nouvelle Vague condividono principi di base strutturando le trame su eventi casuali e digressioni, intensificando la tendenza ai finali aperti: il celebre finale de I quattrocento colpi. Decisamente più stilizzati sono i film di Jacques Demy, la cui carriera decolla con Lola donna di vita , dedicato a Max Ophuls.
Spaghetti Western
Tra gli anni 50 e 60 l'industria del cinema italiano era in condizioni molto migliori di quella francese, le importazioni americane diminuivano e i film italiani si conquistavano una grossa fetta degli incassi domestici; il mercato internazionale intanto si rivelava accessibile a film, come Divorzio all'italiana di Pietro Germi (1961), Le fatiche di Ercole di Pietro Francisci, sia l'America che le altre Nazioni Europee partecipavano con entusiasmo a Coproduzioni con l'Italia: mentre Cinecittà sfornava un film dopo l'altro, nel 1962 Dino De Laurentis costruisce alle porte di Roma un grande complesso di teatri di posa. I registi più in vista erano Fellini e Antonioni, ma l'espansione dell'industria favorisce l'esordio di nuovi registi: l'influenza della tradizione neorealista era spesso piuttosto marcata.
Il più deciso aggiornamento del neorealismo avviene nell'opera di Ermanno Olmi: dalla prima scena - quella di un giovane che si sveglia mentre i suoi genitori preparano la colazione nel film Il posto (1961) porta avanti la paziente osservazione della vita quotidiana di Umberto D. I più fedeli alla tradizione erano forse i fratelli Paolo e Vittorio Taviani, che avrebbero raggiunto la fama internazionale negli anni Settanta, aiuto di Visconti in La terra trema, Francesco Rosi realizza un film documentario Salvatore Giuliano, sulla morte del bandito con una serie di flashback in ordine non cronologico. L'impulso neorealista trova anche uno sviluppo in forma di modernismo radicale nell'opera di Pier Paolo Pasolini, che solleva un polverone nella cultura italiana passando al cinema dopo aver già raggiunto la popolarità come poeta e romanziere e aver collaborato a diverse sceneggiature, e in particolare a quella di Le notti di Cabiria di Fellini, Accattone (1961), Mamma Roma (1962), analisi della povertà urbana, furono salutati come un ritorno al neorealismo. I primi film di Pasolini propongono un'accozzaglia di atmosfere e immagini disparate: in composizioni che ricordano i dipinti rinascimentali, i personaggi pronunciano parole volgari; scene girate per strada alla maniera del cinema-veritè. La tattica della contaminazione stilistica era forse meno dura da digerire ne Il Vangelo secondo Matteo (1964). Il soggetto biblico era presentato con maggior realismo dei film epici di Hollywood o di Cinecittà: Pasolini fa di Gesù un predicatore impaziente e indugia sui tratti contorti, la pelle rugosa e i denti spezzati dei suoi personaggi. Il Vangelo secondo Matteo, comunque, non e solo una versione neorealista della Bibbia: gli stili si mischiano, con Bach e Prokof'ev che nella colonna sonora gareggiano con l'africana Missa Luba.
Nel 1963-64 i film in costume passarono di moda e le case di produzione subirono costosi fallimenti in particolare Il Gattopardo (1963) di Luchino Visconti e Sodoma e Gomorra (1963) di Robert Aldrich. Nel 1965 lo Stato intervenne offrendo aiuti analoghi a quelli francesi: premi per progetti di qualità, mutui garantiti e crediti tratti da fondi speciali. Mentre questa politica provocava un nuovo boom, l'industria lancia produzioni a basso budget che esploravano generi nuovi come l'erotismo e le imitazioni di James Bond; Mario Bava reinventa il thriller fantastico con inedite sfumature erotiche, scenografie barocche e bizzarri movimenti di macchina, ma il genere italiano di maggior successo internazionale fu quello poi definito nei paesi anglofoni Spaghetti Western, il cui esponente di maggior spicco e Sergio Leone. Amante dei fumetti e dei noir americani, Leone era un cinefilo appassionato, aveva lavorato come aiuto regista per suo padre Roberto Roberti pseudonimo di Vincenzo Leone per De Sica in Ladri di biciclette e per diversi registi americani che giravano film in Italia. Dopo aver diretto due film epici in costume, Leone passa al genere con cui i produttori speravano di ristabilizzare l'industria, Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965), Il buono, il brutto e il cattivo (1966) rimasti prototipi del western all'italiana. I western di Leone sono all'insegna di un crudo realismo città malsane, luridi e una violenza molto più efferata di quanto gli spettatori avessero mai visto ma tra le loro caratteristiche c'e anche uno splendore quasi operistico: paesaggi sconfinati (ripresi a basso costo in Spagna) si alternano a dettagli panoramici di occhi o di mani; il grandangolo distorce la profondità e lo sgargiante stile di Leone spinge le convenzioni del western al livello di pura cerimonia,queste scene sovraccariche sono spesso sdrammatizzate con ironia e umorismo nerissimi. Anche le colonne sonore di Ennio Morricone conferiscono all'azione un affiato eroico, utilizzando ad esempio un volo d'archi, ma sono pronte a burlarsene con un fischio o un improvviso effetto sonoro; la musica contribuiva anche ad amplificare i nodi tematici del film, come alla fine di Per qualche dollaro in più.
Cinema e Kung Fu
Dopo il 1970, quando la sua produzione si stabilizza intorno ai 120 titoli all'anno, il cinema di Hong Kong divenne uno dei più importanti dell'era sonora. L'industria di Hong Kong si era sviluppata negli anni 50 con melodrammi familiari, versioni cinematografiche dell'opera cantonese e film di arti marziali. Questi generi continuarono per tutto il decennio successivo, soprattutto sotto l'egida della più grande compagnia della colonia, la Shaw Brothers. Nel 1958, l'infaticabile imprenditore Run Run Shaw costruisce Movietown, un grandioso studio cinematografico funzionante ventiquattr'ore su ventiquattro. Sebbene il budget medio dei loro film fosse solo di 100.000 dollari, i fratelli Shaw dominavano il mercato di Hong Kong. Durante gli anni 60 Run Run Shaw fu il primo a rinnovare i film sulle arti marziali. Inizialmente questo genere si era ispirato alla filosofia di Confucio; i registi di Shaw, invece, ne enfatizzarono l'azione e l'aspetto acrobatico. Ispirandosi alle acrobazie dell'opera di Pechino, ai film sui samurai giapponesi, al western all'italiana e persino ai film di James Bond, il film di arti marziali di Hong Kong divenne uno spettacolo affascinante. Zhang Che, il più famoso regista di questo genere, realizzo film di grandissimo successo come L'assassino (1967), La rondine dorata (1968) e Lo spadaccino errante (1970), nel decennio successivo anche i suoi assistenti e istruttori diventarono registi famosi. Più innovativo e largamente conosciuto fu King Hu, il cui Vieni a bere con me (1965) segna l'inizio di una nuova ondata di film sulle arti marziali. Girato quasi interamente in una locanda, il film basa la sua azione su intrighi, travestimenti e risse fra i clienti. Il suo montaggio veloce, le travolgenti composizioni su schermo panoramico e le acrobazie sul modello dell'opera cinese caratterizzarono il genere per decenni. Nei suoi film successivi, gli attori si lanciano con agilità sulle rocce, rimbalzano sui muri e sui tronchi d'albero e piombano dal cielo. Personaggio importante del cinema cinese è Bruce Lee, aveva lavorato per il cinema e la televisione americana, interpretando ruoli minori come Il furore della Cina colpisce ancora, prodotto dalla Golden Harvest, film che conquista la celebrità con il kung fu, l'arte di dar pugni e calci, diventa una moda in tutto il mondo. Chow contribuisce a rendere Lee ancora più famoso con Dalla Cina con furore (1972) e L'urlo di Chen terrorizza anche l'Occidente (1972), entrambi film batterono ogni record d'incasso a Hong Kong.