RENATO GUTTUSO
Bagheria, 26 Dicembre 1911 – Roma , 18 gennaio 1987
Il padre, il cavaliere Gioacchino Guttuso, era acquarellista la collezione donata al Comune di Bagheria, esistono vari ritratti: il primo, addirittura risalente al 1925, dimostra il genio precoce dell'artista; altri con riga e squadra, ne sottolineano la professione e l'ammirazione per l'uomo tutto d'un pezzo appassionato di lettere e di arti, con il culto della libertà trasmessagli dal padre Ciro, che aveva combattuto con Garibaldi. Il giovane Guttuso abitava in una casa vicino alle ville Valguarnera e Palagonia, delle quali ritrasse poi particolari in quadri successivi e s'ispirava agli scogli dell'Aspra; tra le gite al mare e i primi amori visse tutta la crisi siciliana del primo dopoguerra, durante la quale ebbe inizio lo scempio architettonico e sociale. A Palermo, e nella stessa Bagheria, vide in completa decadenza la nobiltà delle splendide ville settecentesche, coi loro mostri famosi e l'avanzare di un vero massacro urbanistico e di lotte di potere all'interno del comune, che scossero il temperamento di Guttuso, mentre la famiglia era segnata da ristrettezze economiche a causa dell'ostilità di clericali e fascisti nei confronti del padre di Renato.
Questi, sentendo sempre più forte l'inclinazione alla pittura, si trasferì a Palermo, per compiere gli studi liceali, e poi frequentare l'Università (dove lo troviamo iscritto al GUF), classificandosi al 2º posto per la critica d'arte ai Littoriali della cultura e dell'arte del 1937 a Napoli, mentre in quelli del 1938, a Palermo, presentò il quadro Fucilazione in campagna, dedicato al poeta Garcia Lorca fucilato dai franchisti. La sua formazione si modellò sulle correnti figurative europee, da Courbet a Van Gogh a Picasso e lo portò a Milano e a viaggiare per l'Europa.
Nel suo espressionismo si fecero via via sempre più forti i motivi siciliani quali i rigogliosi limoneti, l'ulivo saraceno, il Palinuro, tra mito e solitudine isolana che, inviati nel '31 alla I Quadriennale di Roma, confluirono in una mostra collettiva di sei pittori siciliani, accolti dalla critica - dice Franco Grasso nella citata monografia - come «...una rivelazione, un'affermazione siciliana».
Tornato a Palermo, aprì uno studio in Corso Pisani e con la pittrice Lia Pasqualino Noto e gli scultori Giovanni Barbera e Nino Franchina formò il "Gruppo dei Quattro". Rifiutato ogni canone accademico, con le figure libere nello spazio o la ricerca del puro senso del colore, Guttuso s'inserì nel movimento artistico "Corrente", che con atteggiamenti scapigliati s'opponeva alla cultura ufficiale e denotava una forte opposizione antifascista nelle scelte tematiche negli anni della guerra di Spagna e che prepararono la seconda guerra mondiale. Un lungo soggiorno di tre anni a Milano, nel corso dei quali non mancava però di tornare in estate a Bagheria, maturò l'arte "sociale" di Guttuso, con un impegno morale e politico via via più scoperto, che si rivelava in quadri come Fucilazione in Campagna, fra il '37 ed il '38, Fuga dall'Etna in due stesure, per poi consacrarsi alcuni anni dopo in opere rappresentative della massima espressione del realismo sociale di Guttuso come La Spiaggia (1955) e Carretti a Bagheria (1956). Si trasferì intanto a Roma, con studio in Via Pompeo Magno dove, per l'esuberanza di vita, l'amico Mazzacurati lo soprannominò scherzosamente "Sfrenato Guttuso" e frequentò l'ambiente artistico romano di tendenza anti-novecentista: Alberto Ziveri, Antonietta Raphaël, Mario Mafai, Marino Mazzacurati, Pericle Fazzini, Corrado Cagli, Toti Scialoja e si tenne anche in contatto col gruppo milanese di Ernesto Treccani, Giacomo Manzù, Aligi Sassu. Strinse amicizia con Antonello Trombadori, giovane critico d'arte, figlio del pittore Francesco Trombadori, e iniziò un sodalizio intellettuale e politico che lo accompagnò poi per tutta la vita. Il dipinto che gli diede la fama, fra mille polemiche da parte anche del clero e del fascio, poiché sotto il soggetto sacro denunziava gli orrori della guerra, fu La Crocifissione. Di esso Guttuso ha scritto nel suo Diario che è «...il simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee» con il quale al Premio Bergamo siglava la sua nuova stagione.
Nel 1940 s'iscrisse al Partito Comunista d'Italia clandestino. In futuro disegnerà il simbolo del rinato Partito Comunista Italiano, utilizzato fino al suo scioglimento nel 1991, collaborando anche con la rivista Il Calendario del Popolo. L'artista non cesserà mai di lavorare in anni difficili come quelli della guerra ed alternava, specie nelle nature morte, gli oggetti delle case umili della sua terra, a squarci di paesaggio del golfo di Palermo a una collezione di disegni intitolata Massacri, che circolarono clandestinamente, dato che ritraevano le repressioni naziste, come quello dedicato alle Fosse Ardeatine. Conobbe e sposò quella che sarà la sua fedele compagna e confidente Mimise, che ritrasse nel '47. Già all'indomani della Liberazione un anelito di speranza tornò ad alitare nella pittura del maestro, come nel quadro Pausa dal lavoro, china e acquerello nel 1945, quasi un simbolo della rinascita di cui Pier Paolo Pasolini ha scritto (1962):
Le figure di dieci operai emergono bianche sui mattoni bianchi il mezzogiorno è d'estate.
Ma le carni umiliate fanno ombra: e lo scomposto ordine dei bianchi è fedelmente seguito dai neri. Il mezzogiorno è di pace. Seguirono Carrettieri che cantano, Contadino che zappa (1947), Contadini di Sicilia (dieci disegni pubblicati a Roma nel '51) in cui il linguaggio pittorico diventa chiaro ed essenziale e di cui lo stesso Guttuso ebbe a scrivere che erano preparatori del quadro Occupazione delle terre incolte di Sicilia, esposto alla Biennale d'Arte a Venezia nel 1950, affermando:
« Credo siano legati alla mia ispirazione più profonda e remota. Alla mia infanzia, alla mia gente, ai miei contadini, a mio padre agrimensore, ai giardini di limoni e di aranci, alle pianure del latifondo familiari al mio occhio ed al mio sentimento, da che sono nato. Contadini siciliani che hanno nel mio cuore il primo posto, perché io sono dei loro, i cui volti mi vengono continuamente davanti agli occhi qualunque cosa io faccia, contadini siciliani che sono tanta parte della storia d'Italia…».
Sempre nel 1949-1950, Renato Guttuso aderì al progetto della importante collezione Verzocchi (attualmente conservata presso la Pinacoteca civica di Forlì), inviando, oltre ad un autoritratto, l'opera Bracciante siciliano. Puntualmente torna a stupire, alternando la visione luminosa e piena di colore di Bagheria sul golfo di Palermo alla Battaglia al Ponte dell'Ammiraglio, in cui ritrasse il nonno Ciro Guttuso, arruolatosi come garibaldino, e con una serie di dipinti dal vero, le lotte contadine per l'occupazione delle terre, gli zolfatari, o squarci di paesaggio fra cactus e fichi d'India, ritratti di amici e uomini di cultura, pittori come Nino Garajo e Bruno Caruso. Affascinato dal modello Dantesco, dal '59 al '61, l'artista concepì una serie di disegni colorati che poi verranno pubblicati in volume nel '70, Il Dante di Guttuso, in cui i personaggi dell'Inferno vengono rivisitati come esemplari della storia del genere umano, confermando la versatilità dell'ingegno. Un intero ciclo, invece, fu dedicato negli anni settanta alla sua autobiografia in pittura, quadri d'eccezionale valore per la conoscenza del Guttuso uomo-artista. Nel 1963 una sua opera viene esposta alla mostra Contemporary Italian Paintings, allestita in alcune città australiane. Nel 1963-64 espone alla mostra Peintures italiennes d'aujourd'hui, organizzata in medio oriente e in nordafrica.
La figura femminile divenne dominante nella pittura come lo fu nella vita privata e fra i dipinti più grandi per mistura ricordiamo Donne stanze paesaggi oggetti de '67, oggi esposto alla galleria comunale di Bagheria, a Villa Cattolica, com'è importante la serie di dipinti in cui ritrasse Marta Marzotto, musa ispiratrice e modella prediletta per lunghi anni, che conobbe a Milano in casa Marchi. Celebre è anche la serie delle Cartoline, un insieme di 37 disegni e tecniche miste (pubblicate dalla casa editrice Archinto nel volume Le Cartoline di Renato Guttuso), in cui l'artista magistralmente rappresenta i ricordi, i sentimenti, le emozioni, le fantasie e gli stati d'animo dell'uomo Guttuso verso la donna Marta Marzotto, del 1968 è Le figlie di Loth, dipinto a sfondo erotico in due diverse versioni, ispirato all'episodio biblico dell'involontario incesto di Lot con le due figlie. Nel 1971 disegna il drappellone del Palio di Siena del 16 agosto, mentre nel 1972 dipinse I funerali di Togliatti, che diverrà opera-manifesto della pittura comunista e antifascista del secondo dopoguerra, l'opera è conservata al MAMbo - Museo d'arte Moderna di Bologna. In essa sono raffigurate, in maniera allegorica (spesso molti erano già morti all'epoca dei funerali di Palmiro Togliatti nel 1964) varie figure del comunismo, positive e negative, a comporre un'ideale rappresentazione dell'immaginario collettivo comunista del XX secolo, tra operai, bandiere rosse e la salma di Togliatti. Nel quadro si vedono, ad esempio, oltre all'autore stesso, Marx, Engels, Trotsky, Elio Vittorini, Angela Davis, Stalin, Lenin (raffigurato diverse volte), Sartre, Simone de Beauvoir, Pier Paolo Pasolini e altri, del 1974 è invece il celebre dipinto dedicato alla Vucciria di Palermo. Alle Elezioni Politiche del 20 giugno 1976 fu eletto al Senato della Repubblica per il PCI nel collegio di Sciacca, raccogliendo 29.897 preferenze, fu confermato alle Elezioni Politiche del 3 giugno 1979 al Senato della Repubblica per il PCI nel collegio di Lucera, raccogliendo 29.418 preferenze.
Nel 1977 Guttuso dona, con atto pubblico, al Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma la sua opera La partenza del vapore di Napoli (1966), conservata nel Fondo a lui dedicato, pubblico e interamente consultabile. A questa prima opera, nel 1982 si aggiunge al Fondo CSAC Natura morta con tavola (1947), nel 1980 dedicò un acquerello alla strage di Bologna, dal titolo Il sonno della ragione genera mostri, come l'omonima acquaforte di Goya. Nel 1982 dipinse l'arbitro Arnaldo César Coelho che alza il pallone con il triplice fischio durante la finale dei mondiali di calcio in Spagna dell'1982, vinta dall'Italia del CT Enzo Bearzot contro la Germania Ovest per 3-1, egli era ateo, l'allora arcivescovo Fiorenzo Angelini, suo amico personale, subito dopo il decesso riferì in un'intervista della religiosità del pittore e della sua assistenza spirituale. Resta il fatto che ne vennero celebrati due funerali: uno, laico e di partito, con un seguito di bandiere rosse del PCI, ed uno religioso. Alla morte donò alla città natale, Bagheria, molte opere che sono state raccolte nel locale museo di Villa Cattolica dove egli stesso venne sepolto. La sua tomba è opera dello scultore Giacomo Manzù. Guttuso non ebbe figli biologici riconosciuti, ma un figlio adottivo, adottato poco prima della morte, Fabio Carapezza Guttuso, e gli fu molto vicino negli ultimi anni di vita, unico conforto dopo la perdita di molti cari, Fabio Carapezza Guttuso fu l'unico erede dell'immenso patrimonio di Guttuso, fondò gli Archivi Guttuso, cui destinò lo studio di piazza del Grillo, e integrò la collezione del museo di Bagheria con numerose opere ereditate.