Toth Banca Dati - Cinema
Pietro Germi
Genova, 14 settembre 19 14 – Roma, 5 dicembre 1974
Pietro Germi nasce il 14 settembre 1914 a Genova,in Via Ponte Calvi, da Giovanni Germi, portiere d’albergo, ed Armellina Castiglioni, casalinga. Nel 1924 la famiglia si tra sferisce in Via Santa Croce.
Nel 1927 muore il padre: Pietro rimane con la madre e le tre sorelle Carolina, Gilda, ed Enrichetta che lavorano in una nota sartoria. Frequenta la scuola fino all’ultimo anno dell’Istituto nautico San Giorgio ma non consegue il diploma perché non si presenta agli esami finali nonostante avesse ottimi voti. In seguito si trasferisce a Roma per seguire i corsi del Centro Sperimentale di cinematografia rimanendo comunque molto legato alle sorelle. Nel 1941 si sposa a Genova con Anna Bancio e nel 1947 nasce la figlia Maria Linda.
In seconde nozze sposa Olga D’ajello, che gli darà i figli Francesco, Francesca, e Armellina. Inizia la carriera di Attore a 25 anni in “ Retroscena ”, in cui lavora anche come co-sceneggiatore. Lavora come attore nel film Gli ultimi filibustieri.
Al Centro Sperimentale di Cinematografia segue i corsi di regia di Alessandro Blasetti. Seguendo il poliziesco d’ispirazione americano Gioventù perduta e In nome della legge , con Massimo Girotti prodotto da Luigi Rovere, vincitore di tre nastri d’argento e campione d’incassi. Uno dei primi film sulla mafia, per il quale Germi riceve un Nastro d’Argento speciale, che lo consacra come autore.
Con il dramma neorealista Il Cammino della speranza, sempre prodotto da Rovere, Germi raggiunge per la prima volta un livello internazionale. Il film è presentato in concorso al Cannes e vince l’Orso d’argento e l’Orso d’oro al Festival di Berlino. Il noir realistico La città si difende viene premiato come miglior film italiano al festival di Venezia. Nel 1952 dirige la presidenza, adattamento per il cinema dell’omonima commedia teatrale di Maurice Hennequin e Pierre Veber, un titolo eccentrico nella sua filmografia, e il western sudista “ Il brigante di Tacca Lupo ” con Amedeo Nazzari,tratto dal romanzo omonimo di Riccardo Bacchelli .
Nel 1953 con Gelosia porta nuovamente sul grande schermo il romanzo di Luigi Capuana “Il marchese di Roccaverdina” dopo La versione di appena dieci anni prima diretta da Ferdinando Maria Poggioli, e partecipa al modesto film a episodi Amori di mezzo secolo. Pietro Germi rimane inattivo per due anni, nel 1955, con il Ferroviere, gira una delle sue opere più riuscite, difatti il film ottiene un notevole successo di pubblico, considerato uno dei capolavori del cinema del neorealismo italiano.
Ad esso succedono film come L’uomo di paglia, e il capolavoro Un maledetto imbroglio tratto dal romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda: uno dei primi esempi di poliziesco Italiano apprezzato, tra gli altri, da Pier Paolo Pasolini. Nel 1961 cambi genere di film e comincia a girare commedie pungenti, satiriche e grottesche.
Il capolavoro Divorzio all’Italiana, in cui tratteggia l’indimenticabile barone di Cefalù interpretato da Marcello Mastroianni irretito dall’adolescente Stefania Sandrelli, apre questa nuova fortunata stagione della sua carriera; il film, scritto con Ennio De Concini e Alfredo Giannetti e incentrato sul delitto d’onore, riceve una candidatura all’Oscar per la miglior regia, un’altra a Mastroianni come migliore attore ed ottiene quello per il migliore soggetto e sceneggiatura originale oltre ad altri prestigiosi riconoscenti. Dal titolo del film ha preso un certo tipo di commedia prodotta in Italia in quel periodo nota come commedia all’italiana. Pietro Germi era un uomo del nord, ma il suo carattere, nascosto apparentemente sotto una scorza di scontrosità e intransigenza, lo faceva essere vicino alla gente meridionale di cui conosceva e criticava al volte severamente il modo di concepire la vita, i pregiudizi e gli errori ma di cui anche apprezzava le qualità innate. Un rapporto di odio e amore il suo Sud e i meridionale che si trovava in tanti i suoi film: nel personaggio del mafioso rispettabile nella sua coerenza ed adesione una legge che si contrappone alla legge di uno Stato lontano e indifferente, come nel film In nome della legge e nel malinteso senso siciliano dell’onore di Divorzio all’italiana e di Sedotta e abbandonata, film questi ultimi degli anni 60 dove prevale ormai in Germi, che sta perdendo la fiducia in un rinnovamento culturale meridionale, la critica corrosiva vero una società che vede incapace di scuotere e di abbandonare le sue convinzioni secolari. Con il film Sedotta e abbandonata Germi torna per l’ultima volta a girare in Sicilia, una regione legata ad una particolare empatia con il regista ligure. Ma anche il Nord non è risparmiato dalla critica corrosiva di Germi.
Il 1965 è l’anno del limpido Signori & Signori con Virna Lisi e Gastone Moschin, satira sull’ipocrisia borghese di una cittadina del Veneto e girato a Treviso. Il film vince la Palma d’oro al Festival di Cannes ex aequo con Un uomo, una donna di Claude Lelouch. Dirige la coppia Ugo Tognazzi e Stefania Sandrelli in L’immorale, gradevole film ispirato, pare alle vicende personali di Vittorio De Sica.
Germi non ebbe mai buoni rapporti con la critica cinematografica di sinistra che lo giudicava negativamente più per le sue posizioni politiche che per l’effettivo valore estetico dei suoi film. Germi in particolare aveva osato mettere in discussione lo stereotipo che la sinistra si era costruito della figura dell’operaio. Per questo motivo, per un lungo periodo sino alla fine degli ottanta Germi fu messo da parte dall’intelligenza del Partito Comunista Italiano che non poteva accettare quello che Germi aveva intuito: la trasformazione sociale della classe operaia.
La colpa del regista era quella, secondo Guido Aristarico, direttore di Cinema Nuovo, scrivendo de Il Ferroviere, di aver dato al protagonista Marcocci una configurazione politica che “appartiene a un populismo storicamente sorpassato” con idee risalenti “all’epoca del movimento socialista esordiente” con i turantini del primo dopo guerra. Il vero operaio non può essere un crumiro come Il Ferroviere di Germi. Critiche queste della sinistra che venivano contraete dal successo che la pellicola incontrò presso il pubblico popolare in Italia a Mosca e Leningrado durante“ La settimana del cinema Italiano”.
Lo stesse critiche,se non più aspre, ritornarono in occasione della prima dell’Uomo di paglia dove, addirittura il protagonista,un operaio, viveva un classico dramma borghese che non poteva appartenergli.
Scriveva Umberto Barbaro:
« Cari amici, a me questi operari di Germi che si comportano senza intelligenza e senza volontà. Senza coscienza di classe e senza solidarietà umana, metodici e abitudinari come piccoli borghesi, la cui socialità si esaurisce in partite di caccia domenicali o davanti ai tavoli delle osterie che non hanno né brio né slanci, sempre musoni e disappetenti, persino nelle cose dell’amore che ora fanno i crumiri e ora inguaiano anche qualche brava ragazza, spingendola al suicidio e poi piangono lacrime di coccodrillo, con le mogli e dentro chiese e sagrestie questi operai di celluloide, che se fossero di carne ed ossa, voterebbero per i socialdemocratici e ne approverebbero le alleanze, fino all’estrema destra, ma non solo sembrano caricature calunniose ma mi urtano maledettamente i nervi ».
Anche gli intellettuali di sinistra dissidenti da queste pozioni estreme,che non potevano non apprezzare l’arte cinematografica di Germi, ma non avevano però di dirlo apertamente mantenendosi su una posizione di :
“Qui lo dico e qui lo nego”, come Glauco Viazzi, che sosteneva che volesse dire ignorare la realtà sociale non riconoscere che « operai siffatti esistono nella realtà e in gran numero e non solo tra quelli che poi votano DC o Social Democratico, ma anche tra quelli che danno il voto ai partiti di classe ».
Ma insieme diceva che L’uomo di paglia, valutato artisticamente, non meritasse che un cauto e moderato elogio. Antonello Trombadori, direttore de Il Contemporaneo, insieme al vicedirettore Carlo Salinari e allo storico Paolo Spiriano, scrivevano nel 1956 a Palmiro Togliatti una lettera destinata a rimanere privata, venne resa pubblica solo nel 1990 con la quale chiedevano al segretario del partito di incontrarsi con Germi per non allontanare un uomo e i mille come lui ,così importante per il movimento antifascista:
«Veniamo proprio in questi giorni dall’aver visto un film italiano assai bello e commovente,certamente popolare: “il Ferroviere, di Pietro Germi. E’ un’opera di un socialdemocratico militante eppure è un film pervaso da ogni parte di sincero spirito socialista ».
Nel 1968 Germi gira l’elogio della vita agreste Serafino con Adriano Celentano in una delle sue migliori interpretazioni nel ruolo del pastore abruzzese, che ottiene uno strepitoso successo di pubblico. Nel 1970 è la volta di Le castagne sono buone con Gianni Morandi, che per molti forse a ragione, è considerato il film meno riuscito del regista.
Dopo Alfredo Alfredo con Dustin Hoffman e Stefania Sandrelli, con ritorno alla commedia grottesca, poco apprezzato dalla critica, inizia a lavorare al progetto del film Amici Miei che deve cedere all’amico Mario Monicelli perché sofferente di cirrosi epatica. Germi muore a Roma il 5 dicembre 1974. Il film Amici Miei, uscito nelle sale nel 1975, è a lui dedicato: nei titoli di testa è riportato significativamente un film di Pietro Germi e regia Mario Monicelli.
Filmografia
1945 / Il testimone
1947/ Gioventù perduta
1949/ In nome della legge
1950 / Il cammino della speranza
1951/ La città si difende
1952/ Il brigante di Tacca Lupo
1952/ La presidentessa
1953 / Gelosia
1954 / Amori di mezzo secolo
1956 / Il ferroviere
1958 / L’uomo di paglia
1959 / Un maledetto imbroglio
1961/ Divorzio all’Italiana
1964 / Sedotta e abbandonata
1966/ Signori e signori
1967/ L’immorale
1968/ Serafino
1970 / Le castagna sono buone
1972 / Alfredo Alfredo
Pietro Germi Attore
1941/ La corona di ferro, regia Alessandro Blassetti
1946/ Montecassino, regia Arturo Gemminiti
1948/ Fuga in Francia, regia Mario Soldati
1956/ Il Ferroviere, attore e regista
1958/ L’uomo di paglia, attore e regista
1959/ Un maledetto imbroglio, attore e regista
1960/ Il rossetto, regia di Damiano Damiani
1960/ Jovanka e le alte, regia di Martin Ritt
1961/ La viaccia, regia di Mauro Bolognini
1961/ Il sicario, regia di Damiano Damiani
1965/ E venne un uomo, regia di Ermanno Olmi