Michelangelo Merisi, o Amerighi
Milano, 29 settembre 1571 – Porto Ercole, 18 luglio 1610
I genitori, Fermo Merisi e Lucia Aratori, erano nativi di Caravaggio, nel 1571 i genitori si sposarono con l’aiuto del marchese di Caravaggio e del conte di Galliate Francesco I di Sforza.
A causa del lavoro di Fermo (poiché era maestro architetto addetto ai cantieri delle chiese milanesi) la famiglia Merisi si trasferì a Milano, vivessero nel quartiere centrale milanese, dove alloggiavano le maestranze della fabbrica del Duomo di Milano . Di diverso avviso è, invece Maurizio Calvesi , che ritiene che Fermo Merisi fosse in realtà “cerimoniere” dei marchesi di Caravaggio e che esercitasse in maniera modesta il mestiere di architetto. Michelangelo aveva una sorella, Caterina, e due fratelli. Nel 1577 durante la peste che colpì Milano i Merisi tornarono a Caravaggio per sfuggire all’epidemia, ma morirono il padre e i nonni. Nel 1584, Michelangelo torna a Milano e viene mandato a bottega da Simone Peterzano, pittore che si professava un diretto allievo di Tiziano. Michelangelo il 6 aprile del 1584, inizia a lavorare con un contratto di apprendistato firmato dalla madre, per un compenso di quaranta scudi d’oro. L’apprendistato del giovane pittore si protrae per circa quatto anni, durante i quali apprende le lezioni dei maestri della scuola pittorica lombarda e veneta. Gli anni che vanno dal 1588 al 1592 anno di scadenza del contratto con Peterzano, testimoniano la sua ultima residenza in Lombardia prima di trasferirsi a Roma. Secondo quanto scrive Giulio Mancini, la madre del pittore muore a Milano il 29 novembre del 1591.
Risolte le pratiche sulla sparizione dell’eredità, il giovane Michelangelo lascia definitivamente la Lombardia per andare a Roma. Secondo documenti emersi nel 2010 dall’Archivio di Stato di Roma, l’artista sarebbe giunto a Roma prima del 1596, anno cui è documentato presso la bottega del pittore siciliano Lorenzo Carli 5. Secondo il biografo Giovanni Pietro Bellori, il pittore andò a Venezia col maestro Peterzano per un soggiorno di breve durata. Bellori è l’unico biografo a menzionare un soggiorno di Merisi a Venezia e tale notizia è fortemente dibattuta, giacchè tale notizie non è stato mai confermata da documenti d’archivio.
Tuttavia nell’ipotesi in cui l’informazione di Bellori sia attendibile e che Caravaggio sia effettivamente andato a Venezia, sono spiegabili i legami stilistici che unirebbe lo stile pittorico con la scuola veneta di Giorgione,Tiziano, e Tintoretto.
Secondo lo studioso Longhi, per lo sviluppo del futuro stile del pittore, sarebbe stata di capitale importanza la riflessione giovanile su alcuni maestri lombardi,quali Foppa, Bergognone, Savoldo, Moretto e Romanino, che Longhi definisce pre-caravaggeschi. Michelangelo Merisi nel 1954 fu ospite a Roma di Monsignor Pandolfo Pucci da Recanati da lui soprannominato monsignor Insalata, (a causa dell’unico alimento di vitto che gli forniva). A Roma Michelangelo ha rapporti artistici con vari pittori locali, dapprima con il pittore siciliano Lorenzo Carli, poi con Antiveduto Gramatica e infine Giuseppe Cesari detto il Cavaliere d’Arpino. Michelangelo viene ricoverato a causa di una malattia, presso l’ospedale della Consolazione ed interrompe il rapporto con il Cesari. Si racconta che dopo il ricovero Michelangelo Merisi (il Caravaggio) inizia ad eseguire nature morte e parti decorative di opere più complesse. Grazie al pittore Prospero Orsi, con il quale Michelangelo strinse amicizia, Michelangelo Merisi nel 1597 conobbe il cardinale Francesco Maria del Monte, grandissimo uomo di cultura e appassionato d’arte che incantato dalla pittura di Michelangelo, acquistò alcuni dei suoi quadri. La fama di Michelangelo iniziò a farsi strada all’interno dei più importanti salotti dell’alta nobiltà romana, l’ambiente fu scosso dalla sua rivoluzionaria pittura, che si pose al centro di forti discussioni e accese polemiche. Grazie alle commissioni del suo amico prelato, Caravaggio cambia il suo stile di pittura, abbandonando le tele di piccole dimensioni e singoli ritratti e comincia a dedicarsi alla realizzazione di opere complesse. Uno dei primi lavori di questo periodo è il Riposo durante la fuga in Egitto. Nel giro di pochi anni la sua fama crebbe in maniera esponenziale.Caravaggio divenne un mito. Nel 1599 Caravaggio, grazie all’aiuto del cardinale Francesco Maria del Monte, ricevette la prima commissione pubblica per tre grandi tele da collocare all’interno della cappella Contarelli nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. I dipinti che Caravaggio doveva realizzare riguardavano degli episodi tratti dalla vita di San Matteo: La Vocazione e il Martirio. In meno di un anno il pittore concluse due opere che gli aprirono il successo, così che ebbe immediatamente altri importanti incarichi.
Dapprima da parte del commerciante Fabio Nuti, per un quadro che è stato identificato nella Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi di Palermo, al lungo ritenuta dipinta in Sicilia nel 1609. Per ordine del monsignor Tiberio Ceras che aveva acquista una cappella pressa la Basilica di Santa Maria del popolo, gli vennero commissionati due dipinti: La Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo. Contemporaneamente gli fu chiesta la realizzazione di una terza tela per la chiesa di San Luigi dei Francesi: San Matteo e l’angelo. Michelangelo, nonostante conoscesse bene il gusto esoterico dei suoi committenti, scelse dei soggetti popolari, che esprimessero in una dimensione reale e drammatica dello svolgersi degli eventi, rappresentando così i valori spirituali della chiesa cattolica. Si racconta che la prima versione di San Matteo e l'angelo fu rifiutata e fu rimpiata da una seconda versione. Quando a Caravaggio venne affidata la decorazione definitiva della Cappella Contarelli, la prima versione del San Matteo e l’angelo venne rimpiazzata dall’attuale versione ora in loco. Nel caso di San Matteo e l’angelo, dunque non si trattò di un rifiuto ma di una sostituzione già prevista. L’informazione fornita da Giovanni Baglione non è quindi altro che una “malignità” da attribuire alla ben nota rivalità esistente tra Merisi e lo stesso Baglione. L’episodio del presunto rifiuto del San Matteo e l’angelo, narrato anche da Bellori, coinvolge anche un altro importante protettore di Caravaggio, il marchese Vincenzo Giustiniani. Queste le parole di Bellori:
« Il marchese Giustiniani era un ricco banchiere genovese nell’orbita della corte pontificia ( oltre che vicino di casa del cardinal Del Monte, vista che aveva sede in palazzo Giustiniani a Roma con il fratello cardinal Benedetto Giustiniani ) e fu protettore di Caravaggio per molti anni; collezionò moltissime delle sue opere e contribuì moltissimo alla formazione culturale del pittore. In più di un’occasione, grazie alla sue ramificate influenze, riuscì a salvare l’artista dalle gravose questioni legali nelle quali era spesso implicato per colpa della sua indole aggressiva. »
Un’altra opera comunemente ed erroneamente ritenuta rifiutata è la prima versione della Conversione di San Paolo, dipinta su legno di cipresso per la Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo. Come dimostrato da Luigi Spezzaferro, la pala non fu rifiutata ma sostituita con l’attuale in seguito a nuovi accordi intervenuti tra l’artista e gli eredi del committente Tiberio Cerasi. Nel caso invece della Morte della Vergine, commissionata per la chiesa di Santa Maria della Scala a Roma, si trattò senza ombra di dubbio di un rifiuto. La figura della Vergine, rappresentata con il ventre gonfio e con le caviglie e i piedi in vista, fu ritenuta indecente ai Carmelitani Scalzi che di conseguenza rifiutarono il dipinto. Oltre alla posa indecorosa, Baglione e Bellori scrivono che la Vergine era stata raffigurata addirittura come “morta gonfia “;
Scrive Spezzaferro:
« … per chi è romano e in modi più o meno simili parla ancora la lingua in cui scriveva il Baglione (morta gonfia), significa semplicemente che la donna ritratta come la Vergine era un’umanissima donna incinta o, più chiaramente, gravida, che era morta di parto. Con buona pace dei tanti esegeti che su questo quadro si sono esercitati, forse si possono ora comprendere meglio sacrosante ragioni dei Carmelitani Scalzi.»
Dunque, piuttosto che una morte per annegamento, il ventre gonfio suggeriva una gravidanza, che ovviamente rendeva questa raffigurazione della Vergine ancora più scandalosa. L’opera di Caravaggio fu quindi rimossa e sostituita da un dipinto eseguito da Carlo Saraceni, raffigurante lo stesso soggetto. Nonostante il rifiuto dei Carmelitani Scalzi, la tela di Merisi fu immediatamente notata e apprezzata da Pieter Paul Rubens, pittore fiammingo che all’epoca si trova in Italia al servizio di Vincenzo Gonzaga in qualità di pittore di certe. Rubens, che aveva l’incarico di arricchire la collezione del Duca di Mantova, suggerì a Vincenzo I di acquistare la Morte della Vergine per la considerevole cifra di 300 scudi. Il dipinto, che fu acquistato da Rubens tra il febbraio e l’aprile del 1607, entrò così a far parte della ricchissima quadreria dei Gonzaga. In seguito ai dissesti finanziari del casato dei Gonzaga, il duca Vincenzo dovette svendere la collezione di famiglia. Parte di essa fu acquistata da Carlo I d’inghilterra e fu così che la Morte della Vergine di Caravaggio lasciò l’Italia. In seguito alla decapitazione di Carlo I i dipinti della collezione Gonzaga furono acquistati dal finanziere e collezionista Everad Jabach e successivamente da Luigi XIV.
Il dipinto di Caravaggio arrivò così a Parigi, dove si trova tuttora presso il Museo del Louvre.
Durante il soggiorno presso palazzo Madama, dimora del cardinal Del Monte, il 28 novembre del 1600 Merisi percosse con un bastone Girolamo Stampa da Montepulciano, un nobile ospite prelato; ne seguì una denuncia. In seguito gli episodi di risse, violenze e schiamazzi andarono via via aumentando; spesso il pittore venne arrestato e condotto presso le carceri di Tor di Nona.
Questo episodio non sarebbe comunque stato il primo guaio con la legge per il turbolento pittore. Giovanni Pietro Bellori, sostiene che, tra il 1590 – 1592, Carvaggio, già distintosi per risse tra bande di giovinastri avrebbe commesso un omicidio a casa del quale era fuggito da Milano prima per Venezia e poi a Roma. Il suo trasferimento nella città papale non sarebbe stato, dunque una meta prefissata, ma la conseguenza di una fuga. Nel 1603 fu processo per la diffamazione di un altro pittore, Giovanni Baglione, che querelò sia Caravaggio sia i suoi seguaci Orazio Gentileschi e Onofrio Longhi, colpevoli di aver scritto rime offensive nei suoi confronti. Grazie all’intervento dell’ambasciatore francese, Merisi, condannato al processo venne liberato e trasferito agli arresti domiciliari. Nel 1604 il pittore fu arrestato vari volte per possesso d’armi abusivo e ingiurie alle guardie cittadine, inoltre, fu querelato da un garzone d’osteria per avergli tirato in faccia un piatto di carciofi. Nel 1605 fu costretto a scappare a Genova per circa tre settimane, dopo aver ferito gravemente un notaio,Mariano Pasqualone da Accumuli, la causa di tale evento fu per Lena, l’amante di Caravaggio.
L’intervento dei protettori dell’artista riuscì a insabbiare l’accaduto anche se, al ritorno a Roma, il pittore venne querelato da Prudenzia Bruni, sua padrona di casa, per non aver pagato l’affitto, per ripicca, Merisi prese a sassate la sua finestra, finendo nuovamente querelato. Nel novembre dello stesso anno, il pittore risulta degente per una ferita, che si dice di essersi procurato da solo, cadendo sulla propria spada. L’episodio più grave si svolse a Campo Marzio, la sera del 28 maggio 1606; a causa di una discussione causata da un fallo nel gioco della pallacorda, il pittore venne ferito, e a sua volta, ferì mortalmente il rivale. Ranuccio Tomassoni da Terni, con il quale aveva avuto già in precedenza delle discussioni spesso sfociate in risse.Anche questa volta c’era di mezzo una donna, Filide Melandroni, le cui grazie era contese da entrambi. Probabilmente dietro l’assassinio di Ranuccio c’erano anche questioni economiche, forse qualche debito di gioco non pagato dal pittore o addirittura politiche: la famiglia Tomassoni infatti era notoriamente filo-spagnola, mentre Michelangelo Merisi era un protetto dell’ambasciatore di Francia.
Il verdetto del processo per il delitto di Campo Marzio fu severissimo; Caravaggio venne condannato alla decapitazione, che poteva essere eseguita da chiunque lo avesse riconosciuto per la strada. In seguito alla condanna, nei dipinti dell’artista lombardo cominciarono ossessivamente a comparire personaggio giustiziati con la testa mozzata, dove il suo macabro autoritratto prendeva spesso il posto del condannato. Degli autoritratti di come fosse effettivamente il reale volto del pittore, forse uno dei più verosimili resta quello di un fuggitivo nella sua scena del Martirio di San Matteo. Tuttavia, il ritratto più noto del Merisi rimane quello a opera di Ottavio Leoni, che lo conobbe personalmente ma lo eseguì almeno 11 anni dopo la sua morte. Lo stesso Leoni ritrarrà anche Galileo Galilei, praticamente contemporaneo del Merisi, nel 1624; alcuni hanno riconosciuto, in quest’ultimo, una grande somiglianza con il Pilato nella celebre tela Ecce Homo di Caravaggio del 1601.
Il principe Filippo I Colonna decise di aiutare Caravaggio e gli offrì asilo all’interno dei uno dei suoi feudi laziali di Marino, Palestrina, Zangarolo, e Paliano. Il principe mise in atto una serie di depistaggi, grazie anche agli altri componenti della famiglia che testimoniarono la presenza del pittore in altre città italiane, facendo così perdere le tracce del famoso artista, per la famiglia Colonna Caravaggio eseguì diversi dipinti, su tutti la Cena di Emmaus.
Nel 1606 Caravaggio giunse a Napoli, nei Quartieri Spagnoli, dove rimase per circa un anno.
La fama del pittore era ben nota a tutti nella città. I Colonna lo raccomandarono a un ramo collaterale della famiglia residente e a Napoli: I Carfa-Colonna. Qui il Merisi visse un periodo felice e prolifico per quanto riguarda le commissioni. Furono infatti eseguiti: la Giuditta che decapita Oloferne, scomparsa e di cui forse esiste una copia coeva facente parte delle collezioni del banco di Napoli; la Sacra Famiglia con San Giovanni Battista,appartenente alla collezione privata Clara-Otello Silva a Caracas; una prima versione della Flagellazione di Cristo.
Dei tanti dipinti eseguiti durante il primo periodo napoletano, solo due sono ancora nella città.
Il primo è il suggestivo Sette opere di Misericordia, uno dei lavori più importanti del Caravaggio. La tela, che si rivelerà cardine per la pittura in Italia Meridionale e per la pittura italiana in generale, presenta una composizione più drammatica e concitata rispetto alle pitture romane, rinunciando a un fulcro centrale dell’azione. Questo aspetto sarà di grande stimolo per la pittura barocca partenopea sarà di grande stimolo per la pittura barocca partenopea successiva e il passaggio del Merisi in città, infatti, darà luogo alla nascita di molti esponenti caravaggeschi tra i pittori locali. L’altro dipinto rimasto a Napoli fu quello eseguito tra il 1607 e il 1608, direttamente per la chiesa di San Domenico Maggiore, poi spostato al museo di Capodimonte, ovvero una seconda versione della Flagellazione di Cristo.
Nel 1607 Michelangelo Merisi parte per Malta sempre per intercessione dei Colonna, e qui entra in contatto con il grande maestro dell’ordine dei cavalieri di San Giovanni,Alof de Wignacourt, a cui il pittore fece anche un ritratto. Il suo obiettivo era diventare cavaliere per ottenere l’immunità, in quanto su di lui pendeva ancora la condanna alla decapitazione che metterà in discussione il suo reale luogo di nascita. Infatti il pittore dichiara che la sua città natale è proprio Caravaggio, in provincia di Bergamo:
« Carraca oppido vulgo de Caravaggio in Longobardis natus. »
A rimettere in discussione il suo luogo d’origine vi è un ulteriore attestazione presentata recentemente, proveniente dalla scoperta di un documento nuovo; in esso si legge la dichiarazione resa a Roma da un garzone mediolanensis, Pietro Paolo Pellegrino, nel corso di un interrogatorio:
« Questo pittore Michelangelo… al parlare tengo sia milanese. »
Pellegrino non riconobbe nella cadenza del pittore l’accento che gli era familiare essendo lui stesso milanese per nascita. Intanto l’attività di pittore del Merisi prosegue, dipingendo nel 1608 la Decollazione di San Giovanni Battista, il suo quadro più grande per dimensioni tuttora conservato nella cattedrale di La Valletta.
Nella stessa chiesa si trova soltanto un’altra opera del pittore, Il San Girolamo scrivente. Dopo un anno noviziato, il 14 luglio 1608 Caravaggio fu investito della carica di cavaliere di grazia, di rango di inferiore rispetto ai cavalieri di giustizia di origine aristocratica. Anche qui ebbe dei problemi: fu arrestato per un duro litigio con un cavaliere del rango superiore e perché si venne a sapere che su di lui pendeva la condanna a morte. Michelangelo venne rinchiuso nel carcere di Sant’Angelo a La Valletta, il 6 ottobre: riuscì incredibilmente a evadere e a rifugiarsi in Sicilia a Siracusa.
Il 6 dicembre i cavalieri espulsero Caravaggio dall’ordine con disonore.
A Siracusa, Caravaggio fu ospite di Mario Minniti, suo vecchio amico di vecchia data, conosciuto durante gli anni romani. Nella città siciliana si interessò molto all’archeologia, studiando i reperti ellenenistici e romani ivi presenti: durante una visita assieme allo storico Vincenzo Mirabella coniò il nome “Orecchio di Dionigi” per descrivere la Grotta delle Latomie. Durante questo soggiorno dipinse per la Chiesa di Santa Lucia al Sepolcro, una pala d’altare raffigurante il Seppellimento di Santa Lucia (la patrona della città siciliana), la cui ambientazione sembra proprio quelle delle vicine grotte da lui tanto ammirate. A Messina dipinse la Resurrezione di Lazzaro, tetra incompiuta e cimiteriale rappresentazione la cui parte centrale è occupata dal corpo di Lazzaro, spasmodicamente teso nel gesto del braccio verso la luce, e l’Adorazione dei pastori. Giovanni Pietro Bellori ricorda la Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi eseguita a Palermo per l’oratorio di San Lorenzo, ma recentemente ha perso maggiore consistenza l’ipostesi, suffragata anche da recenti ritrovamenti documentari, secondo cui essa fu dipinta nel 1600 a Roma, per il commerciante Fabio Nuti, e da lì spedita a Palermo. L’opera fu trafugata nel 1969 e, secondo le indagini delle autorità inquirenti, sarebbe stata poi distrutta.
Alla fine dell’estate del 1609 Caravaggio tornò a Napoli, affrontato con violenza da alcuni uomini al soldo del suo rivale maltese,all’uscita della Locanda del Cerriglio, rimase sfigurato e la notizia della sua morte cominciò a circolare prematura.
La fase creativa del suo secondo periodo napoletano è ricostruita dagli storici con molte congetture; dipinse sicuramente il San Giovanni Battista disteso appartenente a una collezione privata a Monaco di Baviera, la negazione di San Pietro, il San Giovanni Battista, e il Davide con la testa di Golia, quest’ultimo molto importante dal punto di vista storiografico in quanto raffigurante un macabro autoritratto del Caravaggio nella figura del Golia con la testa mozzata, sorte questa dalla quale il Merisi tentava di sfuggire da anni. Ancora del periodo di Napoli, sono da attribuire i due diversi quadri con medesimo soggetto: la Salomè con la testa del Battista, che il pittore avrebbe dovuto recapitare ai Cavalieri dell’Ordine, e la Salomè con la testa del Battista a Madrid. Vi furono realizzate tre tele per la chiesa di Sant’Anna dei Lombardi di Napoli, il San Francesco che riceve le Stimmate, il San Francesco in meditazione e una Resurrezione, tutte però perdute durante il terremoto del 1805 che causò il crollo di una parte dell’edificio religioso. Infine, dipinse il Martirio di Sant’Orsola, per Marcantonio Doria. Nel frattempo, a Roma il Papa Paolo V prepara una revoca del suo bando di condanna morte, da Napoli dove abitava presso la marchesa Costanza Colonna si mise in viaggio verso il feudo degli Orsini, in territorio papale, distante da Roma circa 40 km.
In quel feudo avrebbe atteso in tutta sicurezza il condono papale per ritornare uomo libero. L’ipotesi più certa racconterebbe che l’arrivo a Palo di Ladispoli, disatteso dalla sorveglianza costiera, ne causò il fermo per accertamenti. Tuttavia l’imbarcazione non potendo aspettare, sbarcò il Merisi e proseguì per Porto Ercole, dove era effettivamente diretta, portandosi dietro i bagagli del Merisi. Quei bagagli contenevano il prezzo concordato dal Merisi col cardinal Scipione Borghese per la sua definitiva libertà, consistente, in special modo, in alcune sue tele, tra cui un prezioso quadro del Battista. Il bagaglio quindi era obbligatoriamente da recuperare, poiché era vitale importanza. Ma la versione ufficiale affermerebbe che gli Orsini gli avrebbero offerto un’imbarcazione per raggiungere Porto Ercole, e recuperare quindi il prezioso carico; l’artista vi giunse, ma tuttavia non è ben chiaro se la precedette la l’imbarcazione già ritornando a Napoli, coi i suoi bagagli. Provato e malato di febbre alta, probabilmente a causa di un’infezione intestinale, restò a Porto Ercole, curato da una confraternita locale morì il 18 luglio 1610. Si ipotizza che il Merisi il giorno successivo fu seppellito nella fossa comune del cimitero di San Sebastiano, cimitero ricavata in una spiaggia riservata agli stranieri. Questa storia risulta verosimile, non vi è nemmeno la certezza storica se il condono papale fu effettivamente spedito a Napoli alla Marchesa Colonna. Nella celebrazione dei 400 anni della sua morte viene data notizia che il professore Vincenzo Pacelli dell’Università di Napoli, esperto di Merisi a conclusione di uno studio, coadiuvato da documenti dell’archivio di Stato e dell’archivio Vaticano, che sposta la sua morte nella Laziale riva di Palo di Ladispoli. Secondo il professore Pacelli Caravaggio fu assassinato da emissari dei cavalieri di Malta, con il tacito assenso della Curia Romana.
Testi ritrovati
Nel 2010 dopo un anno di ricerche storiografiche e analisi scheletrica, nonché confronti col DNA dei discendenti dei fratelli, gli unici parenti stretti del pittore, di cognome Merisio di Caravaggio, un’èquipe di scienziati italiani confermò che le ossa coperte di piombo e mercurio (usati in grande abbondanza dai pittori del 600 per preparare i colori) trovate in quella che fu la fossa comune del cimitero dei Porto Ercole, sono all’85% quelle del grande artista. Le ricerche furono coordinate da un pool di istituti coordinati dall’Università di Bologna, con il supporto degli atenei dell’Aquila e del Salento e del centro ricerche ambientali di Ravenna. Al risultato si è arrivati mettendo insieme gli esisti di indagini storiografiche e di biologia scheletrica, nonché l’uso di tecnologie per l’accertamento dei metalli pesanti nelle ossa, di analisi di sedimenti terrosi, della datazione con il metodo del carbonio- 14 e, per finire, del DNA. Il 3 luglio 2010, dopo una settimana di permanenza nella città di Caravaggio, i resti ossei furono riportati via mare a Porto Ercole e messi in mostra a Forte Stella, una fortificazione del paese. Il 19 luglio 2014 a Porto Ercole è stata terminata la Piazza del Caravaggio, in onore dell’omonimo pittore che nel 1610 ormai braccato dai soldati e in fuga da tempo, vi trovò la morte. La piazza è di interesse culturale; le ossa di Michelangelo Merisi sono racchiuse in un ossario posto su un piccolo altare.
L’analisi del DNA ha stabilito con una minima possibilità d’errore che i resti sono effettivamente del pittore.Giulio Carlo Argan rivela che la pittura Caravaggesca si distingue per un realismo drammatico. Argan evidenzia anche che il motivo religioso è anche sociale:
« Il divino si rivela agli umili »
Il suo realismo nasce dall’etica religiosa istaurata da Carlo Borromeo.
Per Michelangelo Merisi la morte era liberazione e sublimazione, è soltanto la fine, l’enigma della tomba. La religiosità di Caravaggio trova riscontro nell’impulso dato da alcuni settori della Controriforma cattolica (San Filippo Neri, Sant’Ignazio di Loyola, San Carlo Borromeo) alla pratica rivolta a più ampi strati popolari.
La particola tecnica pittorica di Caravaggio fu il suo successo. Fino al suo suo inizio della pittura, lo stile che avevano molti artisti era estremamente legato a un metodo che si basava prevalentemente sullo studio dell’arte classica, con forti influssi derivati da grandi protagonisti del periodo d’oro del rinascimento italiano. Su tutti le figure di Michelangelo e Raffaello, nel centro Italia, mentre per quanto riguarda il settentrione, la pittura si rifaceva a Tiziano, Correggio e Leonardo. La rivoluzione di Caravaggio sta nel naturalismo della sua opera, espresso nei soggetti dei suoi dipinti, e nelle atmosfere in cui la capacità di dare a un corpo una forma tridimensionale viene evidenziata dalla particolare illuminazione che teatralmente sottolinea i volumi di corpi che escono improvvisamente dal buoi della scena. Sono pochi i quadri in cui il pittore lombardo dipinge lo sfondo, che passa nettamente in secondo piano rispetto ai soggetti i veri e soli protagonisti della sua sua opera.
Per la realizzazione dei suoi dipinti, Caravaggio nel suo studio posizionava delle lanterne in posti specifici per far sì che i modelli venissero illuminati solo in parte, mediante la “Luce radente”. Attraverso questo artificio, Caravaggio evidenzia le parti della scena che più ritiene interessanti lasciando il resto del corpo nel buio dell’ambiente. Nell’opera del pittore sono evidenti dunque forti contrasti di luci e ombre. La luce plasma le figure, determina ambienti e situazioni ed è concepita o come apparizione simbolica o come fatto drammatico nell’intensità dei gesti dei personaggi. Tra le opere di Caravaggio ci sono molti ragazzi seducenti solitamente intenti a suonare uno strumento tradizionale accompagnamento all’amore) o mangiare un frutto simbolo dell’appagamento dei sensi. Sono giovani presi dalla strada, dai luoghi che lui amava frequentare come osterie, bische, bordelli e luoghi di malaffare della città. La continua proposta di questi personaggi ha fatto formulare a molti critici supposizioni riguardando la omosessualità di Caravaggio e dei suoi committenti, Il Cardinale del Monte, e il marchese Giustiniani, che conservavano molte di queste opere all’interno dei loro gabinetti privati; la più famosa tra queste è l’Amor vincit omnia, dipinto da forti toni sensuali che l’artista dovette replicare per entrambi committenti. E’ documentata la frequentazione del Caravaggio, specie nei suoi anni romani, sia di diverse prostitute, alcune delle quali, come è noto, ritratte nei suoi dipinti, sia di ragazzi con cui pare intrattenesse rapporti sentimentali, tra cui Mario Minniti, modello per il Fanciullo con canestro di frutta, la Buona ventura, i Bari, il Concerto, Il Suonatore di liuto, Il bacco, Il Ragazzo morso da un ramarro, la Vocazione e il Martirio di San Matteo.
Maurizio Calvesi sostiene
« In realtà, la presunta omosessualità del Caravaggio utile ad aggiungere un tocco al quadro del suo “maledettismo”, è probabilmente solo un abbaglio; e questo discende da una discutibile esegesi di alcuni dipinti del primo periodo romano, che presentano figure effeminate o ritenute provocanti. A lungo, del resto, ci si è rifiutati di applicare al Caravaggio quella lettura secondo i codici “iconologici” dell’epoca, che consente di apprezzare le bellissime e rivelatrici simbologie di cui la sua pittura è intessuta, pur nell’approccio realistico. Senza intendere il contesto dei simboli ogni scelta di figure odi oggetti appare come il frutto di un impulso immediato orientando verso interpretazioni soggettive e modernizzanti. »
Vittorio Sgarbi sostiene
« Non m’importa conoscere la vita privata di Caravaggio, però mi colpisce la sua ambiguità,mi colpiscono quei giovani modelli, i suoi Bacco e i suoi Giovanni Battista allusivi e lascivi come i ragazzi fotografati da Von Gloeden. Una omosessualità intinta di cattolicesimo come quella di Pasolini e di Testori e di altri maledetti nostri contemporanei quali Fassbinder e Genet. »
Margaret Walters ha scritto:
« Caravaggio si rivolgeva a Roma a una subcultura apertamente omosessuale; sofisticata, sicura di sé e ricca al punto da poter indulgere nelle sue fantasie e da sviluppare propri codici e ironie. Il tono del lavoro del Caravaggio per questo gruppo è caratteristico E’ per la prima volta “camp” in modo riconoscibile nella sua sovversione ironica teatrale degli stereotipi sessuali.»
Caravaggio inoltre nei suoi dipinti oltre a rappresentare immagini con soggetti efebici, spesso in alcune commissioni per enti pubblici, rappresentava personaggi vecchi e deformi nei panni di santi venerati e di prostitute e umili donne nelle vesti di importanti figure della storia della chiesa. L’utilizzo di questi modelli fu motivo di molte accuse e critiche che accusavano l’artista di esaltare la goffaggine e la sporcizia di certi personaggi lasciando da parte l’idealizzazione della bellezza e la ricerca di una perfezione compositiva, particolarità da sempre ricercate dagli artisti precedenti, specie nella rappresentazione di soggetti appartenenti alla storia della religione.
Il pittore non dipinse molti ritratti ( Ritratto femminile di Filide Meladroni, il ritratto del cardinale Maffeo Bernabini, il Gran Maestro dei cavalieri di Malta Alof de Wignacourt con un paggio, Antonio Martelli). Caravaggio dipinse per alcune chiese romane quattro tele laterali e cinque pale d’altare, le opere da lui realizzate, San Matteo e l’angelo, Morte della Vergine, Madonna dei Palafrenieri furono rifiutate o rimosse perché ritenute rappresentazioni disdicevoli e poco decorose del soggetto sacro. Molti quadri di Caravaggio raffigurano santi, i più rappresentati sono San Francesco,San Girolamo, e San Giovanni Battista. San Francesco appare di solito come una figura ascetica in preghiera, San Girolamo come un vecchio intento a scrivere e San Giovanni come un giovane praticamente nudo, nel deserto. Nei dipinti del Caravaggio si trova grande realismo nel riprodurre le figure rappresentate generalmente su uno sfondo monocromo, e illuminate da una luce violenta. I principali pittori caravaggisti sono Bartolomeo Manfredi, Carlo Saraceni, Orazio e Artemisia Gentileschi, Giovanni Antonio Galli detto Spadarino, Francesco Boneri detto il Cecco il Caravaggio, Gerrit Van Honthorst, Henderick ter Brugghen, Giovanni Serodine, Carlo Sellitto, Battistello Caracciolo e Jusepe de Ribera; in questi ultimi due, operanti a Napoli ritroviamo riproposto lo stile degli ultimi anni del Caravaggio, caratterizzato da atmosfere molto cupe. La monumentale opera del Caravaggio influenza anche una fitta schiera di grandi artisti d’Oltralpe, tra i quali;
Louis le Nain, Georges de La Tour, Valentin de Boulogne Simon Vouet, Francisco de Zurbaràn, Diego Velàzaquez, Bartolomè Esteban Murillo, Matthias Stomer, Pieter Paul Rubens, Antoon van Dyck, Rembrandt, Jan Vermeer, Adam Elsheimer. Inoltre le influenze caravaggesche pervadono persino le opere di artisti ottocenteschi quali; David, Goya, Gericault, Delacroix, Courbet. Sono stati girati due lungometraggi sulla vita del pittore; il primo, Caravaggio, il pittore maledetto, diretto da Goffredo Alessandrini,è del 1941. E’ del 1986 la seconda opera cinematografica dedicatagli, Caravaggio, diretto da Derek Jarman. Il mediometraggio Caravaggio. L’ultimo tempo, opera del regista napoletano Mario Martone . Nel 1967 la Rai trasmise lo sceneggiato televisivo Caravaggio con la regia di Silverio Blasi, e Gian Maria Volontè nella parte dell’artista.Nel 2002 il cortometraggio “Vernissage! 1607 Caravaggio” di Stella Leonetti racconta la presentazione di uno dei dipinti dell’artista,le Sette opere di Misericordia. Nel 2006 è stato prodotto un nuovo sceneggiato televisivo di due puntate Caravaggio, regia di Anglo Longoni, con Alessio Boni, Claire Keim, Jordi Mollà, Paolo Briguglia, Elena Sofia Ricci, Francesco Siciliano,Sarah Felberbaum, Benjamin Sadler, Fotografia di Vittorio Storaro e musiche di Luis Bacalov.
Su Caravaggio è stato realizzato un fumetto edito dalla Casa Editrice Sergio Bonelli dal titolo “Uccidete Caravaggio”
Bibliografia
Giovanni Baglione, Le vite de pittori, scultori et architetti dal pontificato di Gregorio XII fino a tutto quello d’Urbano VIII, Roma, Andrea Fei, 1642.
Costatino Baroni, Tutta la pittura del Caravaggio, Milano, Rizzoli, 1956.
Giovan Pietro Bellori, Le vite de’ Pittori, Scultori et Architetti moderni, ediz. Critica di E. Borea con introduzione di G. Pervitali, Firenze, 1976.
Andrè Berne, Joffroy, Dossier Caravaggio, traduzione di Arturo Galansino dell’opera del 1959, Milano, 5Continents, 2005.
Ferdinando Bologna, L’incredulità del Caravaggio, Torino, Bollati Boringhieri, 1992
Maurizio Calvesi, Le realtà del Caravaggio, Torino, Einaudi, 1990.
Andrea Camilleri, Il colore del sole, Milano, Mondadori 2007.
Giuliano Capecelatro, Tutti i miei peccati sono mortali, Milano, Il Saggiatore, 2003.
Francesca Cappelletti,Caravaggio. Un ritratto somigliante, Mondadori Electa, Milano 2009.
Mia Cinotti, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, Bergamo, Poligrafiche Bolis Bergamo, 1983.
Luca Desiato, La notte dell’angelo, Vita scellerata di Caravaggio, Santi Quaranta, 2001.
Pino Di Silvestro, La fuga e la sosta. Caravaggio a Siracusa, Milano, Rizzoli 2002
Testi generalisti
AA.VV. Storia dell’Arte, Vol.7,Nogara, Istituto Geografico De Agostini Giulio Argan, Storia dell’arte Italiana, Vol. 3, Sansoni, 2002
Cataloghi di mostre, atti di convegni, raccolte di saggi e riviste scientifiche:
Caravaggio e il suo tempo, catalogo della mostra a cura di Gabriella Borsano e Silvia Cassani, New York, Napoli, Electa Napoli, 1985
L’ultimo Caravaggio e la cultura artistica a Napoli, in Sicilia e a Malta, a cura di Maurizio Calvesi, Siracusa, Ediprint, 1987.
Michelangelo Merisi da Caravaggio.Come nascono i Capolavori, catalogo della mostra a cura di Mina Gregori. Firenze e Roma, Milano, Electa, 1911.
Caravaggio e il Caravaggismo, dispense dal Corso di Storia dell’Arte Moderna I tenuta da Silvia Danesi Squarzina, A.A. 1994/1995, a cura di Giovanna Capitelli e Caterina Volpi, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Istituto di Storia dell’Arte,Roma, Il Bagatto, 1995.
La Modanna dei Palafrenieri di Caravaggio nella collezione di Scipione Borghese a cura di Anna Coliva, Venezia, Marsilio, 1998.