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LORENZO VESPIGNANI 

(Roma, 19 febbraio 1924/26 aprile 2001) 

 

 

 

Nacque da Guido Vespignani ed Ester Molinari, bisnipote di Virginio Vespignani, famoso architetto. Dopo la morte del padre, stimato chirurgo e cardiologo, dovette giovanissimo, trasferirsi con la madre nella zona di Portonaccio, adiacente al quartiere San Lorenzo, dove crebbe. Qui, durante il periodo di occupazione nazista della Capitale, si diede alla macchia come tanti suoi coetanei e cominciò a disegnare, cercando di rappresentare la realtà crudele, sporca e patetica attorno a lui: lo squallore del paesaggio urbano di periferia, le rovine e le macerie causate dai bombardamenti, il dramma degli emarginati e la povertà del quotidiano. La sua arte non si limitò alla solo esperienza pittorica, fu illustratore di moltissimi capolavori. Importante anche la sua attività di scenografo: lavorò per “I giorni contati” e “L’assassinio” di Elio Petri, “Maratona di danza” e “Le Bassaridi” di Hans Werner Henze. “I sette peccati capitali” e “La madre” di Bertolt Brecht. Come incisore produsse più di quattrocento titoli in acquaforte, vernice molle e litografia. Iniziò a dipingere durante l’occupazione nazista, presso l’incisore Lino Bianchi Barriviera, suo primo maestro. Altri importanti punti di riferimento, che influirono sui suoi esordi artistici, furono Alberto Ziveri e Luigi Bartolini, mentre, soprattutto nei suoi primi quadri, sembra evidente l’influsso di espressionisti come George Grosz e Otto Dix. Nel 1945 espone la sua prima personale e comincia a collaborare a varie riviste politico-letterarie, con illustrazioni e disegni satirici. Nel 1956 fonda, con altri intellettuali, la Rivista Città Aperta, incentrata sui problemi della cultura urbana. Dal 1969, Vespignani lavora a grandi cicli pittorici dedicati alla crisi della società del benessere: Imbarco per Citera (1969), riguardante il ceto intellettuale coinvolto nel’68; Album di Famiglia (1971), uno sguardo polemico sulla sua personale quotidianità; Tra due guerre (1973-1975) un’analisi inflessibile sul perbenismo e l’autoritarismo piccolo-borghese in Italia; Come mosche nel miele (1984) dedicato a Pier Paolo Pasolini. Nel 1991 espone a Roma 124 opere, tra le quali il ciclo Manhattan Transfer, una critica all’insostenibile delirio esistenziale dell’American Way of life. Vespignani illustra il Decameron del Boccaccio, poesie e prose del Leopardi, le Opere Complete di Majakovskij, I Quattro Quartetti di Eliot, i Racconti di Kafka, i Sonetti del Belli, le Poesie del Porta, il testamento di Villon e la Question di Alleg. “Per uno scrittore, almeno apparentemente, parrebbe più facile il far coincidere i due momenti di razionalizzazione: quello stilistico e quello ideologico. Assunto il mondo popolare come oggetto, magari solo di pura denuncia o di dolorosa descrizione, egli avrà sempre la possibilità della Mimesis, in cui far rivivere nella sua vita, far parlare nella sua lingua, quel mondo. Il pittore “Vespignani” ha fermo, nelle sue linee esterne, davanti a sé, quel mondo: i luoghi dove il proletariato lavora, soffre, ha le sue disperate allegrie, i suoi tremendi grigiori, le sue tristezze senza fondo: riprodurlo significa necessariamente giungere a una contaminazione stilistica.” Pier Paolo Pasolini 1956 

 

 

 Bibliografia 

 

 

A.A.V.V. “ Vespignani, Renzo (Lorenzo), in Enciclopedia di La Repubblica, Utet, Torino La Repubblica Roma 2003, vol. 20 Pag. 516 Crespi Morbio (Vittoria 2010), Renzo Vespignani alla Scala, Amici della Scala, Milano, U. Allemandi, Torino 2010, pp. 88