GIUSEPPE TERRAGNI

 

«L'architettura, indice di civiltà, sorge limpida, elementare, perfetta quando è espressione di un popolo che seleziona, osserva e apprezza i risultati che, faticosamente rielaborati, rivelano i valori spirituali di tutte le genti.»

Nasce a Meda da Michele, costruttore e titolare di un'impresa edile e da Emilia Giamminola che contribuì in maniera determinante alla formazione del futuro architetto. Per seguire le scuole elementari e tecniche si trasferì a Como presso i parenti materni.

 

Nel 1917 s'iscrive al corso di fisica-matematica all'Istituto Tecnico di Como, nel 1921 conosce Luigi Zuccoli, con il quale avrebbe poi collaborato.

 

Nel 1921 si diploma e si iscrive alla Scuola Superiore di Architettura presso il Politecnico di Milano, nel 1925 conosce Pietro Lingeri con il quale stabilirà un'amicizia ed una collaborazione professionale che durerà tutta la vita.

 

Il 16 novembre 1926 si laurea ed un mese dopo firma, assieme a Luigi Figini, Adalberto Libera, Gino Pollini, Guido Frette, Sebastiano Larco e Carlo Enrico Rava, il primo documento ufficiale del razionalismo italiano. È così costituito il Gruppo 7, che negli anni successivi si qualifica, allargandosi, nel Movimento Italiano di Architettura Razionale (MIAR). Nel 1927 escono, sulla rivista "Rassegna italiana" i quattro articoli considerati il manifesto del Razionalismo italiano. Terragni è uno dei sette firmatari di tale manifesto. Nel 1933 fonda insieme ai compagni astrattisti la rivista "Quadrante" che verrà poi diretta da Pier Maria Bardi e Massimo Bontempelli.Fino al 1940 Terragni è in piena attività e ha molte opere in corso: il Danteum (in collaborazione con Lingeri, architettura allegorica che celebra Dante Alighieri, caratterizzata da un percorso a spirale), il progetto per la sistemazione del quartiere Cortesella (e altri complementi del piano regolatore) di Como, la Casa del Fascio di Lissone e la raffinata e complessa Casa Giuliani Frigerio, suo ultimo capolavoro realizzato.

L'artista viene poi chiamato alle armi e, dopo un breve periodo di addestramento, viene inviato nel 1941 prima in Jugoslavia e poi in Russia. Tornerà seriamente provato fisicamente e psicologicamente, condizione che poi l'avrebbe portato alla morte. La sua è una vicenda umana: Giuseppe Terragni ha passato infatti l'intera esistenza cercando di tradurre in chiave democratica e civile i connotati etici e sociali del fascismo, attraverso l'architettura. Terragni ha solo 39 anni quando realizza che i suoi ideali sono in crisi; crollato psichicamente, il 19 luglio del 1943 cade fulminato da una trombosi cerebrale sul pianerottolo delle scale di casa della fidanzata, a Como.

Ampia è la bibliografia a lui dedicata, come numerose sono le mostre dedicate al suo lavoro. Se l'opera di Terragni sia da considerarsi fascista in senso ortodosso o la sua interpretazione è oggetto di dibattito.

«Michelangelo e Borromini si dichiarano sinceri, ferventi cattolici, e Terragni si presenta integralmente fascista; tuttavia , dato che il cattolicesimo ed il fascismo in cui credono sono immaginari, e contraddicono quelli concreti, la loro azione risulta eversiva.»

(Bruno Zevi, Giuseppe Terragni, Bologna, 1980).

 

Prima ancora di laurearsi (1925-26) aveva redatto un progetto per la Villa G. Salbene a Como, in stile neomedievale. In parte era stato ispirato dall'appello del 1880 di Camillo Boito che aveva indicato per l'Italia democratica uno stile ispirato alle maniere municipali del trecento. Nel 1926 insieme a Pietro Lingeri aveva partecipato al concorso pubblico per un intervento nella zona monumentale di Como, tra il duomo, il Broletto ed il campanile romanico della chiesa di san Giacomo. Terragni sin dagli inizi fu molto condizionato da ciò che avvenne fuori dall'Italia. Soprattutto la Germania, ma anche l'Austria, la Francia e gli Stati Uniti furono considerati da lui le culle del movimento moderno. Infatti la biblioteca dello studio era ben fornita di pubblicazioni, manuali e periodici provenienti dall'estero. Egli si recò in Germania nel 1927 e nel 1931. Nel 1927, Terragni aprì uno studio a Como con il fratello ingegnere Attilio ed il suo primo lavoro fu la ristrutturazione della facciata dell'albergo Metropole-Suisse. Intanto cominciò la sua collaborazione con Luigi Zuccoli e in particolare lo studio di alcune soluzioni per l'edificio ad appartamenti "Novocomum" a Como (1927-29), che fu il primo edificio costruito da Giuseppe Terragni. L'edificio fu realizzato illegalmente, infatti era stato presentato un progetto d'impronta neoclassicista e fu invece costruito l'attuale edificio, che si innesta nell'avanguardia europea, dove s'intrecciano elementi del linguaggio espressionista tedesco e del costruttivismo sovietico. In particolare, come fa notare la soluzione dell'angolo, riprende modelli come per esempio il circolo operaio Zuev a Mosca dello strutturalista Ivan A. Golosov. Questa realizzazione fu contrassegnata da una forte polemica contro l'edificio, la commissione edilizia del comune di Como aprì un'inchiesta per verificare se «l'edificio costituisse un elemento di deturpazione».

 

Nel 1928 partecipa alla Esposizione italiana di architettura razionale a Roma dove fra le altre cose espone il progetto in corso di costruzione del Novocomum.

 

Fra il 1928 ed il 1932 fu realizzato il Monumento ai Caduti ad Erba, che lo stesso Terragni definisce il primo monumento ai caduti moderno realizzato in Italia. Nel sacrario era posto un altorilievo di Lucio Fontana, avente per tema La Vittoria, che fu rimosso nel 1936.

 

Nel 1932 a Como iniziano i lavori della Casa del Fascio, opera che è stata definita da Bruno Zevi una pietra miliare dell'architettura moderna europea. Si tratta di un prisma perfetto con l'altezza corrispondente alla metà della base.

L'impianto è rigido, quadrato e prisma sono canoni del purismo corbusieriano, ma in questo caso il volume non è posto su pilotis e le facciate non sono libere rispetto all'intelaiatura strutturale, il risucchio dell'atrio e lo sfondamento sul cielo garantiscono la trasparenza del blocco. La trasparenza viene propugnata dallo stesso Terragni che dichiara «ecco predominare nello studio di questa Casa del Fascio il concetto della visibilità, dell'istintivo controllo stabilito fra pubblico e addetti di Federazione», rispondendo nel contempo alle richieste del regime che voleva che l'edificio pubblico fosse una casa di vetro, disponibile e senza segreti.

 

Nel 1933 Terragni apre uno studio a Milano con Lingeri ed insieme costruiranno cinque case per appartamenti. Insieme a Piero Bottoni partecipò al IV CIAM dove furono formulati dei principi che furono pubblicati nella Carta di Atene l'anno successivo. Principi che troveranno espressione nel loro loro C.M.8 (Como-Milano 8), progetto per il nuovo piano regolatore di Como, che avevano presentato in base al bando cui parteciperanno con Lingeri, Cesare Cattaneo, Luigi Dodi, Alberto Mario Pucci e altri.

 

 

Nel 1936 l'Asilo Sant'Elia un'architettura libera e felice, caratterizzata da ampi spazi luminosi, e dal dialogo tra le intelaiature strutturali ed i volumi. L'intervento si inserisce nel suo programma sociale di una scuola per l'infanzia in grado di contribuire alla liberazione della donna dalla sudditanza domestica e "a dare ai piccoli un ambiente sano, igienico, aperto al verde, al gioco, all'educazione. Non nei quartieri alti e ricchi, ma nell'espansione operai di Como, in periferia." Inoltre in senso tecnico e funzionale, offrendo grandi pareti trasparenti, ampie penetrazioni di luce e di aria, un riscaldamento, una cucina moderna e l'arredamento suscettibile di una produzione in serie. Infine un monumento anche all'arte del XX secolo che culmina nella magistrale compenetrazione tra natura e architettura che va ben oltre il razionalismo. Nel 1937 Terragni, con Lingeri e Cattaneo, partecipa al concorso per il Palazzo dei Ricevimenti e dei Congressi nel quadro dell'E.42 presentando un edificio modernissimo che documenta la sua distanza dal monumentalismo dilagante in quell'epoca.