ADALBERTO LIBERA
Nacque il 16 luglio del 1903 a Villa Lagarina piccolo paese del Trentino, allora sotto il dominio asburgico, era un architetto italiano, tra i maggiori esponenti del razionalismo e ideatore di numerosi edifici pubblici della prima metà del XX secolo A undici anni (nel 1914) Adalberto si stabilì con i genitori a Parma, città d'origine della madre, la marchesa Olimpia Pallavicino; il padre, Giuseppe Antonio, ex-ufficiale di leva dell'Esercito imperiale Austro-ungarico, era in fuga dal Trentino austriaco alla vigilia della Prima guerra mondiale.
Qui completerà gli studi classici e inizierà gli studi universitari presso la Facoltà di Matematica dell'Università cittadina, frequentando contemporaneamente le lezioni di architettura presso il Regio Istituto d’Arte “Paolo Toschi”. Il riordinamento della riforma dell'istruzione universitaria spinse Libera all'iscrizione presso l'unica Facoltà di Architettura in Italia, quella di Roma, escluse le sezioni speciali ai Politecnici di Torino e Milano. Qui conoscerà ed avvierà un fruttuoso sodalizio con un importantissimo architetto del Novecento italiano, Mario Ridolfi, suo collega universitario e compagno della formazione artistica. A Roma Libera si inserì in un ambiente intellettuale che lo portò a contatto diretto con le personalità che dominavano la cultura architettonica della capitale Gustavo Giovannoni e Marcello Piacentini. Fu membro non ancora laureato del milanese Gruppo 7 con Terragni, Figini, Pollini, Rava, Frette, Larco e Castagnoli. Subentrò proprio a quest'ultimo nel 1927, diffondendo a Roma l'azione teorica del gruppo. Nel 1930 fondò, e divenne segretario, il M.I.A.R. (Movimento Italiano di Architettura Razionale) ed è invitato da Ludwig Mies van der Roheall'esposizione di Stoccarda del 1927 (Werkbund).
Nel 1928 e nel 1931 fu tra gli organizzatori, insieme al suo amico ingegnere Gioacchino Luigi Mellucci, delle Esposizioni di "Architettura Razionale" a Roma, la seconda delle quali segnò la sconfitta del M.I.A.R. che fu costretto a sciogliersi a seguito delle roventi polemiche tra la giovane generazione d'”assalto” e quella legata all'accademia, prossima al potere politico, duramente rappresentata dalla "Tavola degli orrori" di Pier Maria Bardi. Continua però la sua attività progettuale sui canoni del razionalismo e realizza in tal senso diversi edifici negli anni trenta di cui il maggiore è senz'altro il Palazzo dei Congressi dell'E.42. Il fabbricato rileva nella facciata i segni e i particolari architettonici del "neoclassicismo semplificato" piacentiniano, ma nella volta a vela e negli altri prospetti crea un innovativo spazio architettonico ed è senz'altro l'edificio razionalmente più valido tra quelli realizzati.
Nel 1938 realizza a Capri la Villa Malaparte di Curzio Malaparte, parallelepipedo rotto dalla gradinata della terrazza solare della copertura; opera architettonica di una limpidezza razionale esemplare e che appare in rilievo sulla roccia di un promontorio, ma anche straordinariamente integrata con il luogo e creatrice di un eccezionale ambiente costruito. Secondo recenti acquisizioni di documenti e lettere (v. il Corriere della Sera del 10 luglio 2009, pag 41, articolo di Stefano Bucci) il progetto della villa è in realtà interamente attribuibile allo stesso Malaparte; Libera aveva presentato prima della rottura con Malaparte un progetto diverso e mai realizzato.
Tutto ciò emerge da lettere del pittore viareggino Uberto Bonetti, che si era occupato della realizzazione dell'edificio e che scriveva appunto che "la realizzazione materiale dell'edificio" è stata effettuata su disegni propri ma "dietro Vostro (di Malaparte, ndr) indirizzo estetico e costruttivo: piante, sezioni ecc." Questo spiegherebbe anche la modestia della parcella presentata da Bonetti, riferita al puro lavoro tecnico-esecutivo.
Nonostante il suo ruolo di rilievo all'interno dell'architettura del regime fascista (basti pensare all'allestimento eseguito nel 1933 assieme a Mario De Renzi a Roma per laMostra della Rivoluzione Fascista) riuscì a superare indenne il crollo del fascismo e la seconda guerra mondiale - a differenza di altri importanti architetti delrazionalismo italiano (Pagano e Terragni) - continuando ad esercitare attivamente la professione. Dopo la guerra sono da ricordare alcuni suoi edifici a Roma: un insieme di unità abitative (1954) e un palazzo per uffici (1959). Del 1956 è il suo progetto per la Cattedrale di La Spezia.
Della sua generazione Libera è forse il più razionalista e non solo per la partecipazione al Gruppo 7 ma perché la sua personalità lo rendono affine ai grandi maestri europei del Movimento Moderno; egli infatti aveva l'impulso a trasferire nell'architettura un mondo ordinato secondo categorie universali quali: la semplicità, l'integrità, l'essenzialità e la durata che in architettura si palesano attraverso uno stile di purezza classica e di perfetta corrispondenza tra geometria e costruzione. La figura di Libera differisce dalla cultura italiana del tempo per le sue esclusioni di luogo, contesto, storia e si colloca nell'ambito ideale della cultura razionalista. Nonostante ciò c'è un carattere di anomalia rispetto ad esperienze razionalistiche più tipiche europee dato dall'estraniamento dal luogo, alla perfetta chiusura dell'organismo in se stesso, all'unicità e irripetibilità dell'oggetto e al forte valore simbolico ed ideale.
Libera cita 3 possibili modi di sviluppo del processo progettuale, in cui funzione e forma giocano ruoli diversi:
Concezione funzionale che non conosce a priori e attende il valore figurativo;
Suggestioni psicologiche e figurative a priori che cercano la giustificazione funzionale ammissibile;
Concezione figurativa a priori che adatti le funzioni e attrezzature in modo qualsiasi.
A monte del processo ideativo di Libera c'è una geometria, una tendenza ad organizzare il volume secondo un prevalente assetto geometrico: parallelepipedi, cilindri, coni, corone circolari, o opportune giustapposizioni e compenetrazioni di questi. Nella prima idea di spazio si esplicita il legame tra l'esigenza e la forma architettonica, deputata a soddisfare quell'esigenza. I primi schizzi sono costruzioni geometriche, il passaggio successivo è strutturale; la struttura è l'elemento di mediazione obbligatoria tra l'idea di spazio e lo spazio concreto, deve essere visibile ma non esibita, una trama organizzatrice. Solo nelle opere dell'ultimo periodo la struttura assumerà un'incidenza rilevante.