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 1860 i Mille di Garibaldi

 

 

 

Trama

 

Nella Sicilia del 1860 nell’attesa dell’annunciato arrivo del liberatore Garibaldi, gli insorti delle campagne siciliane subiscono la dura repressione dell’esercito borbonico. Il picciotto Careliddu viene inviato dai compaesani sul continente per incontrare il colonnello Carini, che aveva partecipato alla rivoluzione siciliana del 1848 che si trova a Genova, insieme a Garibaldi, per sollecitare un intervento il cui ritardo potrebbe essere fatale per i ribelli. Deve quindi abbandonare l’armata Gesuzza che, in sua assenza, viene catturata e rischia la fucilazione evitata temporaneamente solo per un’amnistia regale. Carmeliddu raggiunge Civitavecchia e prosegue poi in treno per Genova, incontrando persone che sostengono posizioni diverse sulla situazione politica italiana e che gli permettono di scoprire l’esistenza di un ampio dibattito a lui finora sconosciuto. Arrivato a destinazione, incontra Carini e assiste, impotente e con crescente timore, alle difficoltà dell’allestimento della spedizione militare, che a un certo punto sembra anche essere abbandonata. Infine, superati gli ostacoli, il 5 maggio la spedizione dei Mille parte da Quarto. Sulle barche, insieme a Carmeliddu, ci sono alcune delle persone di idee politiche diverse incontrate durante il viaggio,che ora si sono decise all’azione e riunite sotto la guida di Garibaldi. Dopo lo sbarco a Marsala, i Mille avanzano rapidamente nella terra siciliana e Carmeliddu riesce a reincontrare e riabbracciare la sua Gesuzza, sana e salva, prima di partecipare alla battaglia  di Calatafimi.

  

Durante la realizzazione del film, vi furono molti dubbi nella scelta del titolo. 

 

Il semplice 1860 sembrava troppo ermetico, furono ipotizzati anche Italia 1860Garibaldi, Calatafimi, e L’ondata Rossa ( quest’ultimo subito respinto, per l’ovvia e inopportuna evocazione politica; nel film le camice rosse non vengono nemmeno mai citate . Il soggetto del film era ispirato in origine ad un racconto di Gino Mazzucchi, incentrato su una processione, poi notevolmente ridimensionata nella sceneggiatura finale.

Un ruolo importante nella fase di scrittura fu svolto anche da Emilio Cecchi, che consigliò a Blasetti la lettura delle Noterelle d’uno dei Mille edite dopo vent’anni di Giuseppe Cesare Abba, che furono determinati per impostare il tono generale del film. 1860 rientra nel contesto di un regime che, attraverso il cinema, tentava di costruirsi una memoria e porsi come punto d’arrivo della storia patria. A partire dal 1929, dopo la pubblicazione della Storia d’Italia dal 1871 al 1915 di Benedetto Croce, il fascismo tenta di accreditarsi  come erede naturale del Risorgimento. Tra il 1929 e il 1943, su 720 film prodotti, dei quali circa 130 storici, in realtà sono quindici sono ambientati durante il Risorgimento. Per Alessandro Blasetti il film storico era essenzialmente politico, doveva mettere in scena il passato per parlare del presente, a fini di propaganda. Su 1860 si espresse esplicitamente in questo senso: il Film in due parole vuol essere questo. Evocare l’atmosfera del 1860 per molti aspetti simile a quella del 1920 – 1922. Torrenti di chiacchiere, torre di Babele politica, incoscienza della immanente rovina di ogni possibilità di unione della patria. Nuclei isolati di patrioti e di ribelli muti, decisi, votati alla morte resistono nella fiducia di un Uomo che convoglierà le loro forze e altre ne attirerà fatalmente quanto porterà politica attuale dal campo della discussione a quello dell’azione. In realtà il film non è rozzamente propagandista né piegato al regime quanto dichiarato, eccetto per il finale d’ambientazione contemporanea della versione originale, poi tagliato nella riedizione del 1951, in cui viene mostrata una sfilata della falangi fasciste davanti ai reduci garibaldini sullo sfondo del foro Mussolini. Il film mostra una Sicilia rurale nella quale i pastori che combattono con dignità e coraggio per liberarsi dall’oppressore sono uniti da un sola fede e una sola lingua, contro il caos di lingue e convinzioni politiche che regna sul continente; i soldati borbonici non sono italiani, ma svizzeri di lingua tedesca, gli stranieri sono nemici con cui non vi è possibilità di comunicazione, il riscatto dell’Italia può venire solo dagli italiani. Blasetti sceglie inoltre di non fare di Garibaldi un eroe romanzesco, protagonista della storia, ma di mostrarlo o farlo intravedere per pochi secondi nell’intero film, in appena sei rapide inquadrature, in campo medico o lungo, rendendolo un incombente demiurgo. Nell’unica occasione in cui parla, un discorso di incoraggiamento durante la battaglia di Calatafimi, è fuori campo e sono inquadrati gli uomini che lo ascoltano e mostrate le loro reazioni alle sue parole. Il film, uscito nelle sale cinematografiche nel marzo 1934, fu accolto molto favorevolmente dalla critica, mentre fu snobbato dal pubblico, per il punto di vista narrativo “oggettivo”, l’assenza di un protagonista con cui identificarsi e la scarsa popolarità del tema risorgimentale, e non fu amato dagli ambienti ufficiali del regime, perché poco celebrativo e troppo anti-retorico. Fu distribuito negli Stati Uniti nel novembre del 1936, con il titolo Gesuzza the Garibaldian Wife (Gesuzza la moglie del Garibaldino). Fu riedito nel 1951, con un nuovo titolo, I Mille di Garibaldi, un nuovo doppiaggio,nuove musiche e privo di finale di ambientazione fascista. Entrambe le versioni sono visibili nell’edizioni con 2 DVD del film, edito dalla Ripley’s Home Video.